I magistrati della Dda si Palermo hanno disposto il sequestro del cantiere dell’impianto di Porto Empedocle. Sembrerebbe che il capocantiere di una ditta che ha ottenuto il subappalto sarebbe un noto mafioso locale
AGRIGENTO, 28 SETTEMBRE 2013 – I magistrati della Dda di Palermo, Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli e Geri Ferrara hanno disposto il sequestro del cantiere del rigassificatore di Porto Empedocle (Agrigento), un’opera da 650 milioni di euro. I sigilli sono stati apposti a causa di una ditta che avrebbe avuto alcune opere in subappalto, il cui capocantiere sarebbe un esponente della locale famiglia mafiosa.
Due le persone indagate. Si tratta di funzionari di Nuove Energie. L’ipotesi di reato è frode nelle pubbliche forniture con l’aggravante di aver favorito la mafia. L’area sequestrata è quella dove viene conferito il pietrisco, il cui utilizzo è previsto per il compattamento del suolo e per la realizzazione della scogliera posta a protezione del rigassificatore.
L’inchiesta sarebbe però molto più ampia perché i magistrati della Dda starebbero riscontrando alcune dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sulla costruzione del rigassificatore, quelle fatte dall’ex sindaco di Porto Empedocle, Paolo Ferrara, e il contenuto dei pizzini sequestrati a Gerlandino Messina, ex numero due di Cosa Nostra Agrigentina, al momento della cattura.
Nuove Energie (gruppo Enel), in una nota precisa ”di essere completamente estranea alla vicenda che ha portato alle contestazioni mosse dalla Procura e al sequestro di un’area del cantiere dove sorgerà il terminale di rigassificazione di Porto Empedocle”. ”Nuove Energie, che nella vicenda è parte lesa, – aggiunge la nota dell’Enel – offre la propria piena collaborazione alla magistratura e ricorda di aver siglato volontariamente con la Prefettura di Agrigento un protocollo sulla legalità e la trasparenza proprio per le gare di appalto. Nuove Energie si riserva di tutelarsi nelle sedi opportune”.
“Il sequestro del cantiere del rigassificatore di Porto Empedocle, aumenta esponenzialmente le nostre preoccupazioni per un impianto che riteniamo sbagliato, contro il quale ci siamo opposti in ogni modo”. A dirlo Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia che continua: “Il sospetto che anche in questa grande opera si possano inserire gli interessi della criminalità organizzata, purtroppo non ci sorprende. La criminalità organizzata cerca di condizionare tutte le grandi opere da realizzare in Sicilia e per tenerla fuori bisognerebbe cambiare i criteri ed i metodi con cui queste opere si programmano e si realizzano. Non è quello che è accaduto in questo caso”.