ROMA, 27 SETTEMBRE 2013 – Risolto l’omicidio di Antonello Scaglioni, ammazzato in un agguato a Roma nel 1990: a chiedere la sua morte fu il boss Antonio Rinzivillo, dell’omonimo clan di Gela, all’epoca latitante riparato a Roma per sfuggire alla guerra di mafia contro i clan gelesi che tra il 1987 e il 1992 costò la vita a 100 persone.
Il boss temeva che Scaglioni potesse rivelare dettagli sulla sua latitanza. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Antonio Rinzivillo, 56 anni, e Marco Salinitro, 48 anni. Entrambi si trovano già in carcere: Antonio Rinzivillo, poi catturato nel dicembre del 1990, si trova nel carcere di
Tolmezzo (Udine) mentre Marco Salanitro è detenuto a Secondigliano.
Scaglioni, all’epoca dei fatti 31enne e gestore di un bar all’interno del circolo sportivo “Zeffiro Country Club” sulla Salaria, fu avvicinato all’ingresso del circolo da un commando di tre uomini che gli spararono contro otto colpi d’arma da fuoco. Durante la fuga, a bordo di un’auto rubata i killer furono coinvolti in un incidente stradale e abbandonarono la macchina in una scarpata lasciando a bordo una delle pistole utilizzate per l’omicidio, nonché tracce di sangue dovute alle ferite riportate.
Nel 2011 il caso è stato riaperto grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, già affiliato al
clan Rinzivillo, il quale rivelò che l’uccisione di Scaglioni fu deliberata ed eseguita da uomini del clan di Gela perchè la
vittima era stato ritenuto responsabile di avere sottratto un carico di eroina destinata ai Rinzivillo. Del gruppo di fuoco
facevano parte altre due persone ora indagate. Salinitro è stato incastrato anche dal Dna estratto da una macchia di sangue.