Il primo è il vero protagonista della vicenda. Con il suo secco “no” a un rimpasto di giunta ha fatto infuriare il più grande partito della sua maggioranza che, dopo aver tentato la via diplomatica – dei tavoli e dei vertici – ha dichiarato guerra. Una frattura che pare piuttosto un’opportunità servita su un vassoio d’argento al governatore. Formato il movimento il Megafono, di cui è leader, Crocetta ha lasciato il Partito democratico sia formalmente – ha cambiato, per esempio gruppo di appartenenza all’Ars – sia mentalmente: ogni progetto, ogni proposito di rivoluzione era pensato in chiave di Megafono. Tanto che per l’opinione pubblica Crocetta non era più un esponente del Pd da un pezzo.
Solo che. per via degli accordi di governo, e col Pd partito più influente della sua maggioranza, Croceta ha sempre dovuto procedere come un equilibrista su un fio sospeso per aria, come quando la campagna elettorale per le amministrative sollevava polveroni e lui era costretto ogni volta a trovare una scusa o a utilizzarne una del suo repertorio. Fino a che il segretario del Pd, Giuseppe Lupo, e i suoi non hanno cominciato a battere i piedi per un posto in giunta e il presidente ha fatto bingo. Quale opportunità migliore per lasciare il Pd – Lupo gli ha già indicato la porta – potendo pure scaricare la colpa della crisi sulla “voglia di poltrone” dei Dem? E così andrà probabilmente, nonostante i tentativi di mediazione e pacificazione delll’assesore per l’Economia, Luca Bianchi.
Geografie da ricomporre dunque a Palazzo dei Normanni, con tutti i partiti che aspettano di venire chiamati, come nella formazione delle squadre di calcio dei ragazzi. Persino Nello Musumeci, leader de La Destra e aversario di Crocetta alle scorse elezioni regionali di ottobre 2012, sta valutando la possibilità di “un governo di responsabilità” che porti in votazione alcuni grandi temi di utiità per la Sicilia. Apertura che, se sommata a quella del Pdl, arrivata per bocca del capogruppo all’Ars, Nino D’Asero, potrebbe portare al ribaltone – di lombardiana memoria – con il centrodestra ad appoggiare, con l’Udc – alleato della prima ora di Crocetta e del Pd – l’esecutivo regionale.
Occhi ountati dunque sull’uomo chiave dell’Unione di centro in Ars, proprio il suo presidente Giovanni Ardizzone. Unica voce che manca al coro. Nel suo ruolo istituzionale non potrà che chiedere al governatore di ricucire lo strappo, in un modo o nell’altro, pur di far ripartire l’attività legislativa, ma nel suo ruolo di politico di spicco dell’Udc sarà impegnato a trovare la soluzione più conveniente per il proprio partito. Partito che, in questo momento, è il privilegiato perché rimasto il partito più forte a sostegno di Crocetta, con una serie di assi nella manica dunque per tentare di incidere più di quanto non abbia fatto finora sulla politica regionale. La parola, dunque, all’Udc.