STRASBURGO, 24 SETTEMBRE 2013 – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato ragione al ricorso fatto da Maurizio Belpietro, condannato per diffamazione a 4 mesi di carcere dalla Corte d’Appello di Milano, pena sospesa. Per i giudici di Strasburgo una pena così severa rappresenta una violazione del diritto alla libertà d’espressione del direttore di Libero.
Belpietro fu condannato per aver pubblicato nel novembre 2004, un articolo firmato da Raffaele Iannuzzi dal titolo ‘Mafia, 13 anni di scontri tra pm e carabinieri’, ritenuto diffamatorio nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte. Per la Corte condannare un giornalista alla prigione è una violazione della libertà d’espressione, salvo casi eccezionali come incitamento alla violenza o diffusione di discorsi razzisti.
Nella sentenza si sottolinea che Belpietro venne anche condannato dalla Corte d’Appello di Milano a risarcire Lo Forte e Caselli per un totale di 110 mila euro. La Corte ritiene che, nonostante spetti alla giurisdizione interna fissare le pene, la prigione per un reato commesso a mezzo stampa è quasi sempre incompatibile con la libertà d’espressione dei giornalisti, garantita dall’articolo 10 della convenzione europea dei diritti umani.
Solo in circostanze eccezionali, come per esempio nel caso di incitamento alla violenza o di diffusione di discorsi razzisti, può essere ammessa. Secondo i giudici di Strasburgo, nonostante l’articolo di Iannuzzi sia stato giustamente considerato diffamatorio, esso non rientra in quei casi eccezionali per cui può essere prevista la prigione.