PALERMO, 23 SETTEMBRE 2013 – La storia di Lia Pipitone è una di quelle che non tutti conoscono: forse anche il nome a molti dice poco, perso nel lungo elenco di quelli che passano alla storia come “omicidi di mafia”.
Quello che è successo il 23 settembre del 1983 può sembrare soltanto una rapina “finita male” in un negozio di sanitari, in via Papa Sergio, a Palermo: qualcosa di casuale, chiamato sfortuna o destino beffardo. Lia ha perso la vita a 25 anni: con lei c’era il figlio Alessio di 4 anni.
Al di là delle semplici apparenze, tuttavia, c’è molto altro, ma c’è voluto un po’ per capirlo. Lia era la figlia di Antonio Pipitone, boss mafioso del rione dell’Acquasanta molto vicino a Riina e Provenzano.
Lei, con quel mondo fatto di imposizioni e regolamenti, non voleva averci nulla a che fare. Il suo era uno spirito libero, che intendeva condurre una vita diversa, a partire dalla scelta dell’uomo da sposare; una scelta vissuta come un’offesa insopportabile da parte di quel padre “uomo d’onore”.
C’è voluto molto tempo per riaprire il suo caso: a tornare sulla storia, il figlio Alessio Cordaro e il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo, che hanno raccolto testimonianze e riesaminato gli atti del processo, per un lavoro diventato “Se muoio, sopravvivimi – La storia di mia madre, che non voleva essere più la figlia di un mafioso”, libro pubblicato nel 2012.
Ed ecco che sono venute fuori le storie di quel padre-padrone, che avrebbe voluto rinchiudere in casa la figlia; di una figlia che è fuggita con il fidanzato; di padrini che si sono mobilitati per trovare la coppia; di quello stesso padre che ne ha decretato la condanna.
Ai tempi dell’omicidio era già emersa la testimonianza di un pentito che aveva fatto i nomi degli assassini, ma alle sue parole non sono seguite ulteriori verifiche. Il collaboratore di giustizia Angelo Fontana ha confermato che la rapina fu una messinscena, che tutto fu voluto e progettato da Cosa Nostra e che pochi giorni dopo anche il migliore amico di Lia, Simone Di Trapani, venne ucciso da due sicari, che ne simularono il suicidio.
Trent’anni dopo siamo sempre a Palermo, ma qualcosa è cambiato. Adesso, alla memoria di Lia Pipitone è stata intitolata una rete di centri di “Prevenzione, Ascolto e Lotta alla violenza” attiva nel territorio: nella giornata di oggi, inoltre, a partire dalle ore 18 i Cantieri Culturali alla Zisa ospitano mostre, letture e un concerto tutto al femminile.