PALERMO, 23 SETTEMBRE 2013 – Scuola cantautorale genovese, natali friulani e origini toscane. Da questo melting pot ante litteram nasce uno dei cantautori più atipici del nostro panorama musicale. Si tratta di Gino Paoli, oggi arrivato a festeggiare 79 primavere in splendida forma.
Un crogiuolo di luoghi, di odori, di impressioni. Forse per questo motivo il suo carattere e il suo modo di porsi sono sembrati da sempre impenetrabili. Sarà quell’espressione corrucciata, ai limiti della spigolosità. Sarà quell’essere diretto, nelle opinioni come nelle scelte di vita. Un atipico dicevamo, autore di melodie immortali, di inconsuete canzoni d’amore, per i canoni dell’epoca, dove la passione veniva declinata seguendo modelli vicini a tradizioni d’oltralpe (pensiamo ai cugini francesi). Protagonista di una vita quasi bohemièn, ma con giudizio. Dove le scelte, la parola data e l’integrità musicale e personale non sono mai state barattabili con il successo effimero di una stagione.
Gino Paoli ha sempre vissuto al massimo della sua consapevolezza. Ogni canzone, ogni decisione, di vita e artistica, diventava il baluardo di un’integrità che pochi artisti hanno saputo e voluto mantenere. Tutto questo senza smettere mai di cercare le profondità azzurre del cielo all’interno di quattro mura, o di declinare momenti di vita vissuta attraverso le espressioni di un felino, assaporando la nostalgia di un ricordo al gusto di acqua marina.
In pochi lo sanno, o lo ricordano, ma solo un fato benevolo ci permette di festeggiare oggi uno degli esponenti più importanti della scena cantautorale nazionale. Giusto cinquant’anni fa Gino Paoli tentò di porre fine alla sua vita, sparandosi un colpo di pistola in pieno petto. Difficoltà sentimentali, lavorative o personali (il suo essere schivo non lo ha mai chiarito), lo portarono sul ciglio di quel burrone da cui non si può far ritorno. Ma il destino scelse per lui, bloccando la pallottola nel pericardio, dove si trova tuttora. Dal 1963 Gino Paoli vive con un proiettile a pochissimi millimetri dal cuore.
E da lì la sua carriera ripartì, con gli alti e bassi naturali di una professione ondivaga come quella di musicista, ma sempre lontano dalle mode del momento. Gino Paoli ha sempre suonato e composto la musica che lui stesso gradiva. Intercettando periodicamente i consensi del pubblico di massa, vedi i grandissimi successi di “Una lunga storia d’amore” nel 1984 o di “Quattro amici” nel 1991. Quest’ultimo con l’amichevole collaborazione di Vasco Rossi. Ma senza cercarli consapevolmente. Soddisfando quella nicchia di fedelissimi che da sempre l’ha seguito e continuerà a farlo. Nel nome della qualità e della ricerca, soprattutto da un punto di vista testuale e di contenuti. La forma canzone, infatti, rimane sostanzialmente invariata e legata a quei canoni figli dei grandi “chansonnier”.
Forse nel nostro Paese abbiamo la memoria troppo corta. Rimane il dubbio di come sarebbe stato celebrato un grande come Gino Paoli in Francia, in Inghilterra o persino oltreoceano. Ma chissà se lui stesso avrebbe gradito. Conoscendolo probabilmente no, ma non è detto. Atipico, in fondo, vuol dire anche questo. Sorprendere. E Gino Paoli continua a farlo ancora oggi, attraverso la sua musica.