PALERMO, 22 SETTEMBRE 2013 – C’è un solo grande tema al centro della visita episcopale di Papa Francesco in Sardegna: il lavoro. O meglio, la mancanza di esso e l’angoscia che vivono le migliaia di disoccupati dell’Isola e di tutta Italia.
Papa Bergoglio, dopo aver ascoltato le testimonianze di alcuni rappresentanti del mondo del lavoro sardo, saluta con il “Buongiorno” a cui ci ha abituati, poi chiarisce che il suo pensiero è per “disoccupati, cassintegrati, imprenditori in difficoltà che non riescono ad andare avanti”.
Il Pontefice usa alcuni dettagli della propria vita privata per far sentire ancora di più la propria vicinanza e la propria solidarietà a chi sta soffrendo per la mancanza del lavoro. “Mio papà andò in Argentina, come si dice, per cercare l’America. Perse tutto e dovette lottare duramente. Io non c’ero ancora, ma ricordo negli anni della mia infanzia che sentivo la sofferenza di quel ricordo dentro la casa”.
Papa Bergoglio si infervora, si arrabbia, urla nel microfono che ha davanti: “Viviamo in una società – dice con sdegno – che non ha più etica, perchè al centro dei suoi valori ha messo il “deo” Denaro. È soltanto un idolo. Abbiamo costruito un sistema che è degenerato in tragedia. Dio vuole che al centro della società, dell’economia, ci siano l’uomo e la donna che lavorano e che con il loro lavoro mandano avanti l’universo”. Una situazione inaccettabile, per Papa Francesco, anche perchè questo sistema genera la cultura dello scarto, e ad essere scartati sono i giovani e i nonni.
“Chi è senza lavoro – dice il Papa – si sente un essere senza dignità”. “Ma io vi dico coraggio! E non voglio – dice agitando le braccia – che questa sia soltanto una parola di un impiegato della Chiesa che vi genera un sorriso, voglio che sia una forza che nasce dentro di voi”.
“Non lasciatevi rubare la speranza. Non lasciamoci rubare la speranza. La speranza – dice Francesco – è come la brace sotto la cenere. è ancora accesa e dobbiamo soffiare tutti insieme, con la solidarietà, per riaccenderla”. Poi la preghiera, a braccio: “Signore, aiutaci tu, che hai fatto il falegname”.