TRAPANI, 21 SETTEMBRE 2013 – Ritrovata una microspia non funzionante nella porta d’ingresso del Palazzo di Giustizia di Trapani, nell’accesso video-sorvegliato riservato ai magistrati. Si tratta dell’ultimo episodio di una serie di fatti che stanno coinvolgendo il tribunale trapanese. Conferme in tal senso arrivano dal procuratore capo Marcello Viola, che ha preferito non commentare.
La tensione in Procura è altissima: in agosto è stata recapita una busta contenente una lettera con minacce di morte e un proiettile; lo scorso ottobre è stata manomessa la vettura blindata del sostituto procuratore Andrea Tarondo, una Bmw parcheggiata nel cortile interno, anch’esso video-sorvegliato, del Palazzo di giustizia. E poi ci sono le lettere di minacce indirizzate al procuratore capo Marcello Viola, a Trapani da due anni e che proprio nei giorni scorsi ha vinto il ricorso amministrativo al Consiglio di Stato e che, pertanto, rimarrà al suo posto.
Poche settimane dopo la nomina, in autostrada, Viola fu inseguito e affiancato da un’auto: la vicenda è ancora avvolta dal mistero; sono stati identificati gli occupanti (incensurati) dell’auto inseguitrice, ma la loro versione (”avevamo fretta”) sembra non convincere gli inquirenti. A destare preoccupazione, comunque sono le intimidazioni avvenute dentro il Palazzo: nessuno apre bocca, ma è evidente che ci sarebbe una mano interna.
Che ci sia un’unica regia ormai è una certezza: ed è proprio questa intuizione che ha spinto i pm di Caltanissetta a riunire in un fascicolo tutti gli inquietanti episodi che, da qualche mese ad ora, hanno avuto come vittime i magistrati della Procura di Trapani. L’ultimo risale a qualche giorno fa ma è stato reso noto soltanto oggi: il congegno di una microspia, apparecchio generalmente usato per le intercettazioni ambientali, è stato trovato accanto a una porta d’ingresso del palazzo di giustizia riservata a magistrati e forze dell’ordine.
La cimice non sarebbe in grado di funzionare e, secondo gli inquirenti, sarebbe stata piazzata lì proprio perché qualcuno la trovasse. Un gesto fatto, dunque, con l’intenzione di “disturbare”, di lanciare un segnale a un ufficio che negli ultimi mesi si è trovato a lavorare su inchieste delicatissime.
A fare pensare a un filo comune tra le intimidazioni e i segnali che hanno riguardato magistrati come il capo della Procura Marcello Viola e uno dei suoi sostituti, il pm Andrea Tarondo, sono anche le modalità dei vari avvertimenti: anonimi recapitati ai due investigatori, scritte minacciose spuntate nell’ascensore di casa di Viola e in un supermercato di Trapani – in questo caso oggetto del messaggio era Tarondo -: tutti gesti finalizzati a far salire la tensione e a mettere in guardia i pm.
Quale sia l’inchiesta che ha dato fastidio è difficile da capire: la Procura di Viola ha in ballo una serie di attività istruttorie importanti. Quella relativa alla misura di prevenzione a carico dell’ex patron della Valtur Carmelo Patti, quelle sulla pubblica amministrazione, quella, scottante, su presunti ammanchi nelle casse della Curia che ha al centro un sacerdote, don Ninni Treppiedi, che dalla scorsa estate collabora con i magistrati. Una personalità complessa quella del prete, sospeso a divinis dalla Curia, che starebbe facendo delle rivelazioni ritenute molto significative sull’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì, sotto processo per concorso in associazione mafiosa. Ma non solo. Grazie a importanti amicizie strette proprio sfruttando i suoi rapporti col politico,Treppiedi sarebbe a conoscenza di una miriade di informazioni che potrebbero consentire ai pm di aprire più di un’indagine.
L’atmosfera al palazzo di giustizia è pesante. La tensione è alta da mesi. Molti gli episodi “anomali”: come quando Viola venne tallonato da un’auto lanciata a folle velocità mentre, con la scorta, percorreva l’autostrada Palermo-Trapani. Identificati i due uomini a bordo della macchina che aveva fatto l’inseguimento si sono giustificati dicendo che stavano correndo in aeroporto, ma la Procura di Caltanissetta, competente a indagare sui fatti relativi ai colleghi del distretto giudiziario di Palermo in cui ricade Trapani, non ha archiviato l’inchiesta.
E nel fascicolo aperto inizialmente sulla vicenda sono confluiti tutti gli altri fatti accaduti: dagli anonimi con minacce di morte e proiettili, a quelli con dettagliatissime informazioni su indagini in corso recapitati a Viola, alle scritte intimidatorie. “Preferisco non commentare”, ha risposto ai cronisti Viola che la settimana scorsa il Consiglio di Stato ha confermato a capo dell’ufficio bocciando il ricorso contro la sua nomina presentato da un collega palermitano.