Maxi operazione antimafia nell’ennese, decapitato il vertice mafioso dedito al racket: 8 arresti I NOMI

di Redazione

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Maxi operazione antimafia nell’ennese, decapitato il vertice mafioso dedito al racket: 8 arresti I NOMI

| venerdì 20 Settembre 2013 - 05:24

polizia arresti

ENNA, 20 SETTEMBRE 2013 – Maxi operazione antimafia nell’Ennese. La squadra mobile di Enna, nell’ambito di una operazione antimafia denominata “Homo Novus”, coordinata dalla Dda di Caltanissetta, ha arrestato questa mattina all’alba otto persone di Leonforte che avrebbero assunto il controllo del territorio e riorganizzato le estorsioni nella provincia.

 

Nell’operazione sono stati impegnati un centinaio di poliziotti della questura di Enna e rinforzi sono arrivati anche dal reparto mobile di Palermo. Gli arrestati sono Giovanni Fiorenza, detto anche “Zio Giovanni” o “Sacchinedda”, 54 anni, e i figli Alex, “Lo stilista”, 31 anni, e Saimon , “Il bufalo”, 29 anni; Mario Armerio, “Mario l’olandese”, residente in Olanda, di fatto domiciliato a Leonforte, 57 anni; Giuseppe Viviano, “Pippo u catanisi” o “Il memorato”, 53 anni; Nicola Guiso, “Dario” o “Il lupo”, 38 anni; Gaetano Cocuzza, 26 anni; e Angelo Monsù, 43 anni. Gli inquirenti hanno individuato in Giovanni Fiorenza il rappresentante della nuova famiglia. L’uomo, con precedenti per associazione mafiosa ed estorsione, è cognato di Rosario Mauceri, condannato all’ergastolo per associazione mafiosa e duplice omicidio aggravato, che è stato il referente a Leonforte di Gaetano Leonardo, a capo della storica famiglia di Enna.

 

Proprio Giovanni Fiorenza, lo scorso agosto, si sarebbe recato a un summit dove avrebbe ricevuto da un esponente di vertice di Cosa nostra l’autorizzazione a operare nell’area che va da Nicosia alla zona del Dittaino, ambita anche dalla criminalità organizzata catanese. La legittimazione sarebbe stata accolta con soddisfazione dagli affiliati, i quali hanno commentato che finalmente a Enna avrebbero comandato loro e non i “catanesi” o i “palermitani”.

 

Le accuse contestate agli otto arrestati sono associazione a delinquere di stampo mafioso, tentativi di estorsioni a imprenditori e commercianti, un furto aggravato seguito da tentativo di estorsione (in gergo questo reato viene denominato “cavallo di ritorno”). I reati sono aggravati dall’essere stati compiuti con il metodo mafioso e per favorire Cosa nostra. La Dda si è trovata a dover accelerare i tempi delle operazioni perché le attività estorsive erano in corso e le vittime sottoposte a intimidazioni. Si tratta già della terza operazione antimafia condotta in Sicilia dopo l’allerta lanciato dal Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari che aveva avvisato: “Ci sono molti segnali che ci indicano che in Sicilia Cosa Nostra si sta riorganizzando”.

 

“Devono pagare tutti, anche se poco. E’ meglio non esagerare”. Sono le istruzioni date agli affiliati per l’imposizione e la riscossione del pizzo. Questo si evince dalle intercettazioni. Uno dei fermati, Mario Armernio, aveva scoperto una cimice piazzata dagli investigatori e aveva già fatto il biglietto aereo per l’Olanda. Approfittando della vacatio di potere di Cosa nostra, avevano fondato una nuova famiglia (rispetto alle 5 tradizionali dell’Ennese) e a Leonforte Giovanni Sapiente, ritenuto il capo dell’organizzazione, aveva preso il posto di Rosario Mauceri, condannato all’ergastolo per “l’omicidio dei fidanzati”.

 

Era stato lo ”Zio Turi” – il nuovo capomafia della provincia di Enna, Salvatore Seminara, con obbligo di soggiorno dopo un annullamento del 41 bis della Cassazione – a dare l’ok alla nascita della nuova famiglia di Cosa nostra di Leonforte. “Voi avete mano larga da Nicosia a Catenanuova (Catenanuova esclusa perche governata sempre dal clan Cappello) compreso il Dittaino”, riferisce Giovanni Fiorenza dopo essere andato a trovare Seminara che lo aveva mandato a chiamare. Nel corso delle perquisizioni è stato trovato anche il libro mastro, proprio a casa di Fiorenza. Tre imprenditori hanno collaborato, per tutti gli altri l’appello della Dda è di iniziare a collaborare.

 

Secondo il procuratore Sergio Lari nell’organizzazione ci sono tutti i canoni tradizionali di Cosa nostra. Lo conferma il pm Roberto Condorelli, che parla di affiliazioni. “La famiglia va difesa a torto o a ragione – dicono in un intercettazione gli indagati – Cosa nostra è come un matrimonio”. In un’altra intercettazione i fermati dicono: “Noi ci siamo messi contro lo Stato, la nostra è una guerra contro lo Stato”. Inoltre, è emerso che la cosca ha influito nelle elezioni comunali di Assoro, dove aveva interesse a sostenere candidati.

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