PALERMO, 18 SETTEMBRE 2013 – Il Csm ha deciso: il procuratore di Palermo Francesco Messineo può restare al suo posto. “Non ha perso la capacità di esercitare con piena indipendenza e imparzialità le sue funzioni”, ha motivato l’organo superiore della Magistratura, archiviando, a larga maggioranza la procedura sul trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale del magistrato.
La decisione di chiudere il caso è passata con 17 voti a favore, sei contrari (espressi dal gruppo di Area e dall’indipendente Nello Nappi) e le astensioni del vice presidente del Csm Vietti, del primo presidente della Cassazione Santacroce e del procuratore generale Ciani. La procedura di trasferimento era stata aperta dopo che Messineo era finito sotto inchiesta da parte della procura di Caltanissetta per rivelazione di segreto d’ufficio; un’indagine che nel giugno scorso si è chiusa con l’esclusione di comportamenti illeciti da parte del procuratore.
La Prima Commissione aveva convocato diversi magistrati della procura di Palermo: alcuni di loro avevano parlato del sospetto che Messineo fosse condizionato nelle sue scelte dall’allora suo vice Antonio Ingroia, titolare dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia e avevano attribuito la mancata cattura del boss Matteo Messina Denaro a un difetto di coordinamento delle indagini da parte del procuratore; inoltre avevano manifestato perplessità sul suo comportamento rispetto a indagini della procura riguardanti suoi familiari. Accuse che la Commissione aveva fatto proprie, ma che sono cadute dopo le spiegazioni fornite da Messineo nel corso di un’audizione a palazzo dei marescialli. La mancata cattura di Messina Denaro – ha stabilito con la delibera di oggi il Csm – non è stata la conseguenza di un “difetto di coordinamento”, ma di una “scelta operativa”, criticabile ma legittima, di Messineo, che preferì in quel momento assicurare alla giustizia il capo della mafia di Agrigento Leo Sutera, che avrebbe potuto portare a rintracciare il boss latitante. Quanto alla “soggezione psicologia e professionale” che Messineo avrebbe avuto nei confronti di Ingroia, “è davvero difficile sia affermarla, sia escluderla”, scrivono i consiglieri, ma è comunque una questione “non più attuale” dunque “irrilevante” ai fini del trasferimento d’ufficio.
Messineo ha spiegato questo sospetto con la “rabbiosa ostilità” che alcuni colleghi provavano nei confronti di Ingroia. Ma se questa spiegazione è plausibile – sottolinea la delibera – “denuncia più di una difficoltà” del capo dei pm palermitani “a tenere unita la procura”; una procura che resta “percorsa da forti contrasti e reciproche diffidenze che ne appannano l’immagine, quando non rischiano di pregiudicarne l’operato”. Un dato di cui si dovrà tenere conto quando Messineo concorrerà per altri incarichi direttivi. Mentre per quanto riguarda le indagini sui suoi familiari, “non risultano elementi da cui evincere che Messineo abbia esercitato una qualsiasi forma di condizionamento”.