CATANIA, 17 SETTEMBRE 2013 – Circa cento carabinieri del Comando provinciale di Catania stanno eseguendo un provvedimento restrittivo emesso dal gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura etnea nei confronti di otto presunti appartenenti a un’organizzazione criminale dedita al traffico di cocaina nel territorio di Misterbianco e Belpasso.
Secondo quanto emerso dalle indagini, il gruppo sarebbe riconducibile a familiari di Mario Nicotra, detto ‘Mario u Tuppo’, ucciso nel 1989 durante una violenta faida con il clan rivale del capomafia Giuseppe Pulvirenti, noto come ”u Malpassotu”.
Il gruppo criminale che faceva riferimento a Mario Nicotra si era costituito a Misterbianco molto tempo prima rispetto a quello di Giuseppe Pulvirenti e, inizialmente, i rapporti fra le due cosche mafiose erano stati di reciproca tolleranza: dal momento che il primo aveva pensato bene di non contrastare assolutamente la decisione del “Malpassotu” di imporre la sua presenza a Misterbianco, ritenendo di fatto possibile una “convivenza”.
Nel tempo, però, tra i due gruppi mafiosi erano nati stridenti contrasti a causa degli interessi in gioco, tanto da indurre il clan di Pulvirenti a decidere per l’estromissione dei rivali dalla zona di Misterbianco, in modo da acquisirne completamente il controllo. La “guerra” che ne era scaturita, secondo le concordi ricostruzioni dei collaboratori di giustizia di quel tempo, era stata dura e sanguinaria, e aveva causato la decimazione dei Nicostra e delle persone a loro vicine.
In quel periodo erano stati particolarmente significativi l’assassinio dello stesso Mario Nicotra, avvenuto, in maniera teatrale il 16 maggio 1989 in pieno centro a Misterbianco, davanti al bar “Stadio”, e quello di Giuseppe Avellino al quale, dopo la morte del cognato Mario, era stato affidato il compito di risollevare le sorti dell’organizzazione.
La cruenta “guerra” tra il gruppo del “Malpassotu” e la consorteria criminale dei “Nicotra” si era conclusa con la conseguente fuga dalla Sicilia di questi ultimi, o meglio dei pochi superstiti, che si erano rifugiati, prevalentemente, in Toscana ed Emilia Romagna.
Dopo tanti anni, a seguito dei numerosi pentimenti e dei mutati assetti strutturali ed organizzativi di “Cosa nostra” etnea, “gli scappati”, così ormai erano intesi negli ambienti criminali catanesi i componenti della “famiglia” Nicotra, avevano fatto graduale rientro nel paese di origine, riuscendo a riorganizzare il sodalizio criminoso ed accentrando la gestione delle attività illecite ritenute più redditizie, tra le quali, ovviamente, il traffico delle sostanze stupefacenti: tanto da riuscire a controllare, incontrastati, il comprensorio di Misterbianco.
Per questo motivo avevano fissato il loro quartier generale nello storico bar “Roma”, più noto come bar “Stadio”, situato al civico 341 dell’omonima via di Misterbianco, nella zona popolare conosciuta come “a Pugghia”, che veniva utilizzato come base operativa e luogo di riunione, dove poter fare incontri, dare appuntamenti, definire strategie, distribuire compiti e prendere decisioni.
In tal senso, il contributo fornito dalle immagini registrate attraverso una telecamera nascosta installata nelle immediate adiacenze del bar, nonché il contenuto di alcune conversazioni intercettate, hanno reso ancora più palpabile la centralità del bar Roma nella vita quotidiana dell’organizzazione criminale, dal momento che gli indagati, che vi si riunivano tutti i giorni, utilizzavano l’esercizio pubblico come luogo di “lavoro” e spesso, quando si davano appuntamento, dicevano “ci vediamo in ufficio” oppure “sono in ufficio”.
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Nel corso delle indagini durate quasi diciotto mesi, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catania, sono riusciti attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali e l’estrapolazione dei filmati originati dai servizi di osservazione e pedinamento, ad evidenziare, le attività illecite dall’organizzazione criminale dei “Nicotra” e, soprattutto, l’approvvigionamento di ingenti partite di sostanza stupefacente fornite dalla “famiglia” calabrese dei Bevilacqua di Marina di Gioiosa Jonica (RC).
L’attività investigativa consentiva di documentare i frequenti contatti che i catanesi avevano con i calabresi funzionali all’approvvigionamento di cocaina che veniva effettuato con cadenza quasi mensile. Gli indagati, nelle conversazioni con i membri della famiglia Bevilacqua, utilizzavano sempre un linguaggio molto criptico parlando di numero di cavalli per intendere il quantitativo di droga (chili di cocaina) e delle relative caratteristiche (duro di bocca, buono per passeggiare, duro nelle redini, vincente).
Il giorno 14 giugno 2011, a riscontro dell’attività investigativa, venivano fermati due autoveicoli a Messina con quattro soggetti calabresi a bordo che stavano trasportando oltre 2 kg di cocaina destinata al gruppo dei Nicotra.
L’attività investigativa ha permesso di ricostruire la struttura del gruppo che vede all’apice Gaetano Nicotra (fratello di Mario), rientrato a Misterbianco il 14 dicembre 2010 dopo un lungo periodo detentivo scontato, da ultimo, in regime di arresti domiciliari a Ravenna.
In posizione subordinata ma comunque di spicco i nipoti Antonio e Gaetano, sempre attivi e costantemente coinvolti in tutte le vicende dell’organizzazione ed in continuo contatto con lo zio, cui riferiscono ogni notizia di interesse. Infine, con un ruolo decisamente operativo, ci sono Giuseppe Avellino, Antonino Rivilli, Daniele Musurra, titolare di una rivendita di auto usate a Belpasso, Giovanni Sapuppo e Daniele Di Stefano.
Gli arrestati sono stati trasferiti al carcere di Piazza Lanza e Bicocca. All’esito delle perquisizioni domiciliari è stata sequestrate prove utili ai fini investigativi nonché la somma in contanti di 8.000 euro, ritenuti provento dell’attività illecita.
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