Immigrazione, sbarchi a Lampedusa e Vendicari. Fermati tre presunti scafisti

di Redazione

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Immigrazione, sbarchi a Lampedusa e Vendicari. Fermati tre presunti scafisti

| lunedì 16 Settembre 2013 - 06:13

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PALERMO, 16 SETTEMBRE 2013 – Interminabili gli sbarchi tra la scorsa notte e questa mattina sulle coste siciliane. 

 

Sono 103 i migranti sbarcati all’alba sulle coste di Lampedusa. I due diversi barconi su cui viaggiavano sono stati soccorsi al largo del Canale di Sicilia da unità della Guardia Costiera dopo s.o.s. lanciati con un telefono satellitare. La prima è stata raggiunta a 35 miglia da Lampedusa dal pattugliatore 906 e da due motovedette, che hanno prelevato i 36 passeggeri, tra i quali 6 donne, tutti originari della Nigeria. Mentre era in corso questa operazione è giunta la seconda telefonata, da un gommone che era a 75 miglia a Sud di Lampedusa con 67 profughi a bordo, tra i quali 4 donne, anche loro dell’Africa subsaharia. Sono stati tutti condotti a Lampedusa, dove lo sbarco si è concoluso intorno alle 6.30. Poco più di 150 migranti, infine, sono sbarcati a terra poco prima delle 5 di questa mattina sull’isola di Vendicari, a poche miglia dalla costa siracusana. E un altro barcone, con oltre 100 persone a bordo sta navigando verso le coste di Portopalo di Capo Passero.

 

Intanto, questa mattina, due egiziani residenti a Siracusa e un terzo residente a Vittoria, nel Ragusano, sono stati fermati con l’accusa di essere la “cellula” operativa nella Sicilia orientale che gestiva a terra gli sbarchi di immigrati partiti soprattutto dalle sponde egiziane. Si tratta di Amir Qat di 44 anni, e Abdou Ghedu, detto Mohamed, 31 anni, pescatore, Mohamed Elsayed, alias Said Darwish, 22 anni. I tre sono stati bloccati nell’ambito dell’indagine che nei giorni scorsi aveva portato al sequestro di un motopesca di altura utilizzato come “nave madre” in diversi sbarchi.

 

A carico dei tre fermati, oltre a diversi indizi, a cominciare dal riscontro della loro costante presenza a terra in numerosi degli sbarchi verificati si negli ultimi mesi sulla costa sud orientale della Sicilia, soprattutto una serie di intercettazioni telefoniche con l'”armatore” della nave madre che, dopo il sequestro del natante, ha iniziato a tempestare di telefonate i tre egiziani sollecitando l’avvio di azioni, anche legali, per ottenere il dissequestro dell’imbarcazione. Da un’altra intercettazione e’ anche emerso che nei giorni di maggior afflusso di migranti sulle coste siciliane ciascuno dei reati arrivava a guadagnare anche duemila euro al giorno. L’operazione è stata condotta dalle squadre mobili di Siracusa e Catania con lo Sco di Roma ed il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catania.

 

Con una lettera inviata stamattina alle autorità competenti, il sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo é tornato a sollecitare interventi per fronteggiare le emergenze legate al susseguirsi di sbarchi di migranti nel porto della città. Ad un mese da una prima missiva, inviata tra gli altri anche al presidente del Consiglio, Enrico Letta, Garozzo, nel confermare lo spirito incentrato alla ”massima collaborazione”, scrive di restare ”in attesa di conoscere le specifiche adottate e gli eventuali interventi realizzati per quanto di competenza”.

 

Nella lettera, inviata ai Ministeri dell’Interno e della Salute, al capo dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale, al prefetto di Siracusa, all’assessore regionale alla Sanità e al commissario straordinario dell’Asp di Siracusa, Garozzo scrive che ”il continuo ed eccezionale afflusso sulle coste di Siracusa di soggetti vulnerabili provenienti dalle aree a forte instabilità politico militare, riconosciuti come potenziali richiedenti asilo o beneficiari di protezione internazionale, pone ineludibili questioni circa la gestione, anche sanitaria, della situazione straordinaria in atto con possibili implicazioni anche dal punto di vista della medicina delle migrazioni e con un piano coordinato di intervento per la necessaria presenza di presidi sanitari utili per le procedure del caso”.

 

(Foto d’archivio)

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