PALERMO, 14 SETTEMBRE 2013 – La legge sul femminicidio è in dirittura d’arrivo. Nel giro di una settimana si completeranno i vari iter che porteranno venerdì 20 settembre alla votazione finale del testo. In molti si stanno mobilitando per sensibilizzare i parlamentari e l’opinione pubblica su un tema che, di anno in anno, sembra diventare sempre di maggiore gravità sociale. E anche Si24, per primo in Sicilia, aderisce – e fa aderire i suoi giornalisti “maschi” – alla campagna di sensibilizzazione lanciata dal Ministero dell’Interno (le foto all’interno).
Dopo le giornaliste di Studio Aperto e Tg4 anche la redazione di Si24, infatti, ha indossato le magliette “No more feminicide – Don’t turn your back” (Niente più femminicidio, non voltare le spalle).
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Lunedì scadrà il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti e venerdì 20 settembre si procederà finalmente al voto. L’obiettivo del testo è quello di riuscire a prevenire questi omicidi facendo in modo che l’assassino di turno venga messo in condizione di non nuocere.
La nuova legge andrà dunque a colmare un vuoto soprattutto in quelli che sono i momenti precedenti all’atto del femminicidio propriamente inteso. Una conferma in tal senso arriva anche dal giudice Anna Maria Picozzi che dà una lettura da esperta della materia: “Sostanzialmente la nuova legge andrà a introdurre alcune modifiche per quanto riguarda la procedibilità dell’azione penale d’ufficio e l’irrevocabilità della querela. L’impressione – sottolinea – è che il disegno di legge si concentri soprattutto sul contrasto alle cause che portano al femminicidio. D’altronde è ormai risaputo che l’omicidio di una moglie, di una compagna, o di una ex, non è un caso isolato ma giunge dopo una serie di maltrattamenti e persecuzioni da parte dell’altra persona”.
E da questo punto di vista, andando a dare un’occhiata al testo del disegno di legge, le modifiche sono abbastanza sostanziali. Come già sottolineato dal giudice Picozzi, la querela diventa irrevocabile in casi di questo tipo, proprio per evitare, come tante volte accade, che il soggetto querelante la ritiri a seguito di pressioni e minacce. Oppure, per via di un sentimento, d’amore o familiare, che a volte annebbia la razionalità e ammorbidisce la prudenza e la paura. Una norma di questo tipo esiste anche per la violenza sessuale. Viene, inoltre, aumentata l’aggravante in caso di molestie in famiglia. In precedenza veniva comminata se il fatto veniva commesso ai danni di minori di 14 anni. Adesso l’età è stata innalzata a 18.
Aumento di pena anche in caso di violenza sessuale ai danni di una persona legata da una relazione affettiva, sia essa convivente o meno. Lo stesso vale per lo stalking commesso dal coniuge. Prima non era prevista alcuna aggravante. Inasprimento della pena anche nel caso di cyberbullismo, ovvero di persecuzioni compiute attraverso le nuove tecnologie. Negli ultimi tempi sono in veloce ascesa i reati con questa connotazione. Previsto anche l’arresto in flagranza di reati di maltrattamenti e stalking.
Nel coro di approvazioni però si leva anche qualche voce leggermente critica. Oltre ad alcuni giuristi ed esperti che definiscono il testo incompleto e sostanzialmente inapplicabile in alcune sue parti, anche dal Coordinamento anti-violenza 21 luglio di Palermo arriva qualche appunto nei confronti del contenuto del disegno di legge. “Si tratta sicuramente di un passo avanti rispetto a prima – spiega Emilia Martorana, attivista del Coordinamento – però è un disegno di legge lacunoso perché non prevede nulla né per la cura e il recupero della persona che commette questo tipo di reati, né un percorso di educazione della persona a 360 gradi. La legge è un ottimo primo passo, ma accanto a questa serve costituire un percorso di recupero e di educazione. Recupero affinché chi viene condannato per questo tipo di reati non torni a commetterli una volta uscito. Educazione per evitare che i futuri adulti crescano con una mentalità da proprietà privata nei confronti della donna”.
La paura di chi ha a che fare ogni giorno con casi di questo tipo è evidente: “Non vorremmo che lo Stato si limiti a questo e non vada oltre. C’è bisogno di un cambiamento culturale – aggiunge Martorana – ma mi rendo conto che per mettere in moto tutto questo bisogna prevedere una serie di investimenti che al momento vengono dirottati altrove”.
I motivi per cui anche le giornaliste di Studio Aperto e di Tg4 hanno aderito alla campagna contro il femminicidio promossa dal Ministero degli Interni li spiega Monica Gasparini, volto del telegiornale di Retequattro: “La decisione è partita dal direttore Giovanni Toti. In fondo le nostre sono due redazioni a maggioranza femminile e aderire è stato automatico. Naturalmente il problema non è solo il vuoto legislativo. Si tratta di un problema culturale a tutto tondo. Si tratta di un problema da superare educando il cittadino, perché in Italia l’emergenza è palese. Bastano i numeri a sottolinearlo: a livello europeo l’Italia è il Paese con più reati di femminicidio. E’ un difetto di cultura che va corretto. L’emancipazione della donna deve essere accettata anche da quegli uomini vittime di retaggi culturali ormai superati”.
(Un ringraziamento alla senatrice Simona Vicari, che ha portato in Sicilia le magliette contro il femminicidio)