PALERMO, 13 SETTEMBRE 2013 – Palermo, Catania, Messina come Parigi, almeno dal punto di vista della municipalità. L’allettante promessa da parte dell’assessore regionale alle Autonomie locali Patrizia Valenti e del team di esperti che hanno studiato, analizzato e redatto un piano, seguendo, come linee guida esempi riusciti di città metropolitane in tutta Europa per giungere, alla fine, a un piano che promette di essere rivoluzionario.
Per dirla come il governatore, Rosario Crocetta, “consentendo di fare politiche comuni, dando slancio al territorio e creando occasioni di sviluppo”. Le nuove tre città metropolitane dell’isola saranno governate da un presidente di municipalità, una sorta di super sindaco, che nominerà la giunta che lo coadiuverà nella gestione della città e dei paesi limitrofi. Nessun grido alla scomparsa dei Comuni, però: questi, infatti avranno ancora un proprio sindaco e un numero variabile di consiglieri, da 5 a 7, che dipenderà dalle dimensioni del Comune. Sia i sindaci che il presidente verranno eletti per elezione diretta e le competenze di entrambi non si accavalleranno.
“Il modello – spiega l’assessore Valenti – nasce da un’analisi che ha preso in considerazione una serie di esigenza del territorio, a partire dai fattori produttivi, dal flusso di pendolari a i fattori produttivi. Un modello di sviluppo che migliori aggregamento territorio in maniera più efficace di come non faccia adesso la provincia. Il disegno di legge – continua – ha individuato una serie di comuni che diventeranno zoccolo duro della norma in unione con il comune capoluogo e a questi possono esserne aggiunti altri limitrofi, sempre sulla base delle esigenze del territorio”.
“Quando abbiamo iniziato a studiare questo progetto – racconta Maurizio Carta, ordinario di Urbanistica e Pianificazione territoriale all’Università di Palermo, uno dei tecnici coinvolti nella redazione del disegno di legge – ci siamo chiesti a cosa potesse mai servire una città metropolitana. Le risposte sono state due: avere un sistema istituzionale legislativo più efficiente, nelle tre aree in questione infatti esistono già relazioni di tipo metropolitano ma questenon sono regolate da un organo politico; e a fare da moltiplicatore dell’efficienza della regione: basti pensare che ricerche Ocse attestano come su 45 città metropolitane analizzate in Europa 35 hanno Pil più alto di quello della loro stessa nazione”.
Non tutti i Comuni, tuttavia, entreranno a far parte delle città metropolitane. Secondo il disegno, infatti, saranno esclusi tutti quei Comuni che sono centro di sviluppo e sono fondamentali per il loro territorio. “Per quanto riguarda Palermo, per esempio – continua la Valenti – non saranno inserite nella città metropolitana Termini Imerese e Partinico, la prima perché importante centro in orbita del possibile consorzio di Comuni delle Madonie e la seconda del Trapanese”. E della nuova municipalità non faranno parte neanche quei paesi i cui abitanti non vogliono far parte della città metropolitana. La decisione, infatti, se aderire o meno all’inglobamento, spetta solo e soltanto ai cittadini, che saranno chiamati a esprimere il proprio parere tramite referendum. “Il disegno di legge – continua l’assessore – prevede una fase transitoria in cui bisognerà anzitutto fare una consultazione popolare per avere partecipazione democratica più ampia prima di esprimere una decisione finale”.
Il disegno di legge e più in generale l’idea delle città metropolitane, tuttavia, non ha riscosso particolare successo tra i sindacati, che temono anzitutto per la scomparsa dei Comuni e la penalizzazione dei nuovi consorzi perché, come dice Michele Pagliaro, segretario regionale della Cgil, “assorbirebbero il 50% circa della popolazione siciliana e il resto sarebbe distribuito nei liberi consorzi che, stando alle indicazioni della legge regionale approvata a marzo, sarebbero non meno di 16, con una frammentazione eccessiva che penalizzerebbe questi ultimi sia in termini di organizzazione dei servizi, che di risorse e di economie di scala”.