ROMA, 13 SETTEMBRE 2013 – Una vena recisa da una manovra operatoria sbagliata, il polmone destro che si riempie di sangue, una bambina di due anni e mezzo che per un intervento di routine finisce in arresto cardiaco e muore. Sarebbe accaduto questo mercoledì scorso al Policlinico di Tor Vergata, a Roma, dove una bimba siciliana affetta da anemia falciforme è deceduta dopo un’operazione di posizionamento di un catetere, propedeutico al trapianto di midollo. E ora ci sono almeno 7 indagati dalla procura della capitale tra medici e infermieri che erano presenti in sala operatoria.
Secondo l’autopsia, un errore del chirurgo o l’utilizzo di un catetere troppo grande avrebbe portato alla rottura della vena, con conseguente ‘collasso’ del polmone. Quindi l’arresto cardiocircolatorio e il blocco respiratorio che avrebbero ucciso la piccola. E trapelano altre indiscrezioni sul caso. Nonostante l’esito disastroso dell’operazione per il posizionamento del catetere – durata 3-4 ore invece degli usuali 40-60 minuti -, la bambina sarebbe stata rimandata lo stesso al reparto. Ciò nonostante una radiografia, effettuata subito dopo l’intervento, mostrasse il polmone destro pieno di sangue. Tre ore dopo si sarebbe verificato lo shock con arresto cardiaco: a quel punto l’intervento dei medici con le procedure d’emergenza é stato inutile. La bimba é morta in serata.
Tutto il materiale della sala operatoria è stato sequestrato dai carabinieri e il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha attivato i servizi ispettivi. Gli esperti del ministero si aggiungono all’inchiesta interna avviata dal direttore del Policlinico Enrico Bollero e alla commissione tecnica inviata dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Sul fronte dell’ inchiesta giudiziaria, da fonti investigative è trapelato che la radiografia eseguita subito dopo l’intervento, alle 14 di mercoledì, avrebbe forse consentito di salvarle la vita. Invece la sua sarebbe stata un’agonia durata ore. Circostanze che troverebbero riscontri nel racconto del padre della piccola: sua figlia, spiega, era uscita alle 13,30 dalla sala operatoria. L’intervento doveva durare 40 minuti e invece si è protratto per ”oltre 4 ore”. Secondo l’uomo le lastre della bambina sono state lette ”con un certo ritardo” perché ”i medici erano in pausa pranzo”. E’ stato dopo una successiva analisi che ”hanno rifatto le radiografie e si sono accorti di una emorragia in corso”.
Il Policlinico dovrebbe concludere la sua relazione in sette giorni, ma le prime ricostruzioni potrebbero arrivare già nelle prossime 48 ore dall’equipe della Regione Lazio, guidata dal professor Vincenzo Vullo della ‘Sapienza’. Lo stesso che guidò la commissione regionale d’indagine sulla Tbc al Policlinico Gemelli nell’estate 2011. La squadra di Vullo ha iniziato a sentire tutti i sanitari presenti in sala operatoria, per ricostruire minuto per minuto cosa è avvenuto prima, durante e dopo il posizionamento del catetere venoso centrale (cvc). ”Dovevano metterle un semplice catetere, e invece hanno ucciso mia figlia”, ha detto il padre. Se l’ipotesi di errore sanitario fosse confermata, le associazioni dei consumatori Codacons e Codici hanno già assicurato che si costituiranno parte civile.
“Dovevano metterle un semplice catetere venoso – si sfoga il padre della bambina, Antonino – ed invece hanno ucciso mia figlia. Da quanto mi è stato detto, la piccola aveva già l’emorragia cerebrale in corso”. Il dramma ha avuto ripercussioni anche sulla moglie, incinta, costretta a rientrare a Gela dove è stata sottoposta ad accertamenti. “Il medico l’ha obbligata a restare a riposo perché aveva delle contrazioni – dice -. Mi auguro soltanto che non abbiano ammazzato anche il figlio che porta in grembo mia moglie. Eravamo felicissimi, avevamo sempre desiderato tre figli. Finalmente avevamo trovato uno spiraglio per la piccola ed eravamo in attesa del terzo. Poi la tragedia”.
(Fonte Ansa, di Gabriele Santoro e Luca Laviola)