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11 settembre 1973, quarant’anni dopo il golpe cileno

PALERMO, 11 SETTEMBRE 2013 – Non è una gara degli orrori, neanche una competizione sulle cifre di morte. Ma se l’11 settembre è il giorno giusto per ricordare le circa 3mila vittime dell’attentato delle torri gemelle, non può non esserlo anche per ricordare un altro momento buio della storia: il golpe che con la violenza pose fine a un’era, per iniziare un’altra di sangue, lunga ben 17 anni. 

 

L’11 settembre 1973, il generale Augusto Pinochet decise di interrompere il governo di Unidad Popular del primo presidente socialista del Cile Salvador Allende con un violento colpo di stato. Il palazzo presidenziale venne bombardato: Allende si suicidò e tutti i suoi sostenitori e gli attivisti della sinistra cilena vennero rinchiusi tra le mura dello Stadio Nacional per essere torturati e condannati in massa.

 

Quello stadio fu trasformato in un campo di concentramento e secondo i dati ufficiali, nei 17 anni del regime militare, circa 38mila persone saranno detenute illegalmente e torturate, circa 3mila di queste verranno uccise. Attualmente si registrano circa 40mila “desaparecidos”, ovvero gli uomini e le donne scomparse.

 

Ancora oggi, oltre mille persone sono sotto processo e solo 262 sono state giudicate colpevoli della violazione dei diritti umani. Una legge di amnista (approvata nel 1978) non permette che sia fatta giustizia: quella legge – ancora in vigore – negò la responsabilità penale di tutte le persone coinvolte dal giorno del golpe fino al 10 marzo 1978. Sono passati esattamente quarant’anni e la giustizia e la verità continua a sbattere contro un muro di sangue e contro una coscienza incline alla ricerca dell’oblio.

Redazione

Si24 è un quotidiano online di cronaca, analisi, opinione e approfondimento, fondato nel 2013 e con sede a Palermo. Il direttore responsabile ed editore è Maria Pia Ferlazzo.

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