Il “fenomeno Renzi” conquista tutti. Problema: chi resta da rottamare?

di Redazione

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Il “fenomeno Renzi” conquista tutti. Problema: chi resta da rottamare?

| martedì 10 Settembre 2013 - 14:00

renziani-siciliaPALERMO, 10 SETTEMBRE 2013 – Il primo fu Davide Faraone, poi venne Fabrizio Ferrandelli; poi l’ex padrino di quest’ultimo, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando; infine il primo cittadino di Catania, Enzo Bianco. Il fascino di Matteo Renzi, leader della corrente dei “rottamatori” del Pd, li ha conquistati tutti.

 

E li ha uniti in un progetto comune: issare la bandiera sulla poltrona del segretario nazionale del Pd e, a cascata, nelle diverse regioni d’Italia. Ma come ha scritto un umorista su Spinoza: “Ma se salgono tutti sul carro del rottamatore, chi resterà da rottamare?”. Domanda ironica ma certamente appropriata.

 

Ad oggi, con Matteo Renzi che svetta su tutti nei sondaggi come il politico più amato d’Italia, sono in tanti quelli che dicono di essere pronti a dare una svolta alla politica come la conosciamo. Tra questi, anche i più seri detrattori della prima ora. E la domanda sorge spontanea: basta dire di essere renziano e di apprezzare il primo cittadino di Firenze per potersi dire un rottamatore?

 

Le ultime dichiarazioni di Matteo Renzi sembrano rimettere ognuno al proprio posto. “Ben venga l’appoggio di tutti – ha detto – ma noi non guardiamo in faccia nessuno: non conteranno le tessere, andrà avanti chi è capace, chi è veramente bravo, non chi sta nell’ombra delle sedi di partito”.

 

È proprio questo atteggiamento che ha conquistato il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando che non vuole essere definito renziano – “anche perchè lo stesso Renzi rifiuta la categoria” – ma che guarda al giovane sindaco di Firenze come a una speranza per il futuro del Partito democratico. “Ma può esserlo – precisa Orlando – soltanto se saprà imporsi sulle regole delle primarie: non si deve più pensare di votare un uomo solo al comando di una nave. e non devono poter votare soltanto gli iscritti. è finito il tempo dei congressi di partito fatti sulla base delle tessere, la politica deve aprirsi a perimetri più ampi. Solo così si potrà creare un nuovo soggetto politico”.

 

Parole che per la prima volta dopo tanto tempo hanno lo stesso suono di quelle pronunciate dal suo ex figlioccio politico, Fabrizio Ferrandelli, con cui la rottura si consumò alle scorse amministrative palermitane, in cui “il figlio corse contro il padre”. “Si è comportato male – dice Orlando – ma la redenzione è sempre possibile”.

 

Clima più disteso, dunque, tra i due. “Non sono abituato a fare politica con risentimento ma con sentimento. Faccio politica – dice Ferrandelli – con la testa e con il cuore. Che Orlando sia in sintonia con le idee e con il progetto politico di Matteo Renzi non può che farmi piacere, a patto però che le idee diventino azione concreta e pratica quotidiana soprattutto per chi amministra le città”. Il riferimento è a Orlando, ma anche al renziano dell’ultima ora, il sindaco di Catania, Enzo Bianco. E Ferrandelli sembra mettere dei paletti tra chi ha realmente intenzione di cambiare il centrosinistra e chi invece ha soltanto il timore di restare indietro, tra le fila degli sconfitti. “La politica non è un supermercato, non si fanno sconti e non è in corso una campagna acquisti”.

 

In Sicilia, esiste però almeno un motivo di frattura tra i cosiddetti renziani. E il motivo ha nome e cognome: Rosario Crocetta. Ferrandelli e Faraone sono stati tra i primi e i più acerrimi contestatori dell’operato del presidente della Regione, mentre il sindaco Orlando ha sempre cercato di mantenere rapporti istituzionali distesi. Nella memoria, invece, sono ancora vive le immagini del governatore che abbraccia Bianco al momento della sua elezione a Catania. L’interrogativo dunque rimane: come risolveranno i renziani la “questione Crocetta”? La stessa che da ottobre dello scorso anno non fa dormire sonni tranquilli ai big del Pd siciliano.

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