PALERMO, 7 SETTEMBRE 2013 – “Mi hanno eletto per finire le guerre, ma qui è in pericolo il mondo”. Barack Obama, dopo il G20 di San Pietroburgo, va dritto per la sua strada e continua a perorare la causa di un raid aereo in Siria.
Si allungano dunque le distanze con il presidente della Russia, Vladimir Putin, che al termine del vertice a San Pietroburgo ha diffuso una nota in cui non si fa nemmeno un accenno alla questione siriana. Solo un avvertimento ai giornalisti presenti: “Continueremo ad aiutare Assad”.
Obama non torna però a mani vuote: il presidente Usa è riuscito, infatti, a ottenere in extremis una dichiarazione firmata da 11 paesi (tra cui Italia, Gran Bretagna, Spagna e Francia) con cui si condanna fermamente l’uso di armi chimiche, si indica nel regime di Assad il responsabile e si chiede “una risposta forte”.
A nulla sono servite le sollecitazioni di molti paesi, tra cui l’Italia con il premier Enrico Letta, per una mediazione politica. Nonostante al termine degli incontri del G20 i due presidenti dei paesi della ex Guerra fredda si siano incontrati faccia a faccia per una ventina di minuti, la tensione è rimasta alta, con Putin che ha continuato a contestare le supposte prove di Obama contro il regime di Assad in merito all’attacco chimico di Damasco dello scorso 21 agosto.
Ma Obama guarda ancora al Congresso, nella speranza che dia il suo ok a un intervento in Siria. Un intervento che nelle intenzioni del leader della casa Bianca sarà “limitato e proporzionato” e che potrà avvenire “tra un giorno, una settimana o un mese”. Per giustificare il proprio interventismo Obama martedì parlerà all’America in un messaggio dallo Studio Ovale.
Il segretario di Stato americano, John Kerry, intanto è arrivato a Vilnius per incontrare i ministri degli Esteri dell’Unione Europea, e cercarne il sostegno politico per l’intervento militare contro il regime di Bashar al-Assad. Anche i Ventotto, infatti, appaiono divisi sull’operazione armata.
Kerry discuterà con i suoi omologhi europei anche di Egitto e dei negoziati israelo-palestinesi. Nel pomeriggio volerà poi a Parigi e domani sarà a Londra, dove incontrerà il presidente palestinese Mahmoud Abbas alias Abu Mazen, per rientrare infine a Washington.