PALERMO, 2 SETTEMBRE 2013 – Domani saranno 31 gli anni passati dalla strage di via Carini, a Palermo, quando l’Autobianchi A112 del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa venne colpita da alcune raffiche di Kalashnikov AK-47 che uccisero il prefetto e la moglie Emanuela Setti.
Nell’agguato rimase ucciso anche l’agente di scorta Domenico Russo.
Domani, 3 settembre 2013, il Generale verrà ricordato dalle forze dell’ordine e dalle altre autorità con la consueta deposizione della corona di fiori in via Isidoro Carini, alle 9.30 alla presenza del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, Angelino Alfano e con la messa delle 10.15 nella chiesa di San Giacomo dei Militari a Palermo.
I mandanti dell’attentato sono stati condannati all’ergastolo, tra loro i boss di Cosa Nostra Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Successivamente, nel 2002, sono stati condannati in primo grado anche gli esecutori materiali dell’attentato, Vincenzo Galatolo e Antonio Madonia all’ergastolo, mentre 14 anni di reclusione per Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.
Carlo Alberto Dalla Chiesa fondò il Nucleo Speciale Antiterrorismo, fu Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e Prefetto di Palermo. Il Governo lo inviò in Sicilia con il tentativo di ottenere gli stessi risultati brillanti ottenuti contro le Brigate Rosse. Dalla Chiesa, in questo periodo, lamentò una carenza di sostegno da parte dello Stato: “Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”, disse all’epoca.
Riuscì perfino a sviluppare una vera e propria mappa dei nuovi boss e cercò di stabilirne un loro legame con il mondo politico. Ci provò, ma non ci riuscì perché fu ucciso dalla mafia senza dargli il tempo di presentare i risultati delle sue indagini. Erano le 21.15 del 3 settembre 1982 e da quel momento, il sipario è calato su quella scena del delitto, sui corpi straziati e sul sangue. Solo dopo la sua morte venne approvata dal parlamento la legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni ai boss.
Questo è il servizio del Tg1, l’indomani della tragica notizia: