DAMASCO (SIRIA), 31 AGOSTO 2013 – Gli ispettori dell’Onu incaricati di indagare sul presunto uso di armi chimiche del regime siriano, hanno lasciato la Siria e sono giunti in Libano. Barack Obama in un discorso serale alla nazione chiede apertamente l’appoggio del Congresso che sarà chiamato ad un voto sull’intervento militare.
La mossa di Obama è rischiosa, perchè lo espone ad un possibile no del suo parlamento, un no che non gli impedirebbe di far partire ugualmente un attacco ma sarebbe un danno all’autorevolezza delle sue decisioni. Ma la richiesta di una presa di posizione dei parlamentari serve a rafforzare la sua decisione che “sarà indipendente da ciò che decideranno le Nazione Unite, bloccate dai veti di altri Paesi”.
“Non vedo l’ora che ci sia il dibattito e che i parlamentari dicano cosa ne pensano”, ha aggiunto il presidente. Il Congresso riaprirà dopo la pausa estiva il 9 settembre, Sembra, dunque, che l’attacco non è più così imminente e ci sarà anche il tempo per il G20 in Russia il 5 e 6 settembre dove molti, Italia compresa, saranno in cerca di una soluzione diversa da quella militare. “Chiedo al Congresso di lanciare un messaggio al mondo”, ha concluso Obama che non ha risposto alla domanda di una cronista: “Attaccherà anche nel caso di un voto contrario?”. Quello che tutto il mondo si chiede.
Il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, intervistato da Rai News 24 ha commentato le parole di Obama parlando di “un buon segnale” e di un “contagio di ragionevolezza” che sta avvenendo al vertice delle varie nazioni coinvolte. “Dal G20 alla diramazione del rapporto degli ispettori Onu c’è lo spazio per il dialogo e chiediamo che l’Italia sia ascoltata nella sua forte richiesta di dialogo e di una soluzione diplomatica. Da alleati storici degli Usa vogliamo offrire una chance in più per una soluzione politica”.
Il regime siriano si aspetta “un attacco da un momento all’altro”, ma minaccia: “siamo pronti a contrattaccare”. Gli Stati Uniti continuano a prepararsi alla guerra e schierano una sesta nave della marina militare nel Mediterraneo orientale, in supporto alle cinque già presenti.Tutto questo mentre i cittadini stanno abbandonando in massa Damasco, diretti verso il confine con il Libano. Numerosi pullman bianchi pieni di perosne e dei loro beni stanno lasciando la città. Lunghe code si sono formate al confine tra i due stati.
Per avere i risultati dei test effettuati dagli ispettori Onu potrebbero essere necessarie fino a due settimane. Washington non vuole aspettare e ha deciso di pubblicare le prove dell’intelligence che attribuiscono la responsabilità dell’attacco con armi chimiche avvenuto lo scorso 21 agosto al regime di Assad.
Il Parlamento inglese, però, dice no a un intervento militare in Siria. Gli Stati Uniti hanno l’appoggio della Francia e della Turchia. Quest’ultima, ben posizionata strategicamente per un attacco alla Siria, avrebbe già puntato i propri missili verso Damasco e si è detta favorevole a un’azione militare anche senza l’appoggio dell’Onu.
Intanto il cancelliere tedesco Angela Merkel accusa Russia e Cina di aver indebolito il ruolo dell’Onu non facendo fronte comune sulla Siria nel Consiglio di Sicurezza. Ma il presidente russo Vladimir Putin dice di aspettare le prove che avrebbero raccolto gli Stati Uniti al vertice del G20 che si terrà la prossima settimana a San Pietroburgo. Un modo per prendere tempo e impedire l’attacco degli Usa, per delle accuse contro Damasco che il governo russo ha fin qui reputato “insensate”.