PALERMO, 29 AGOSTO 2013 – Presentata anche in Sicilia la banca dati dei processi per racket e usura. Non è una coincidenza che del progetto “Zoom” antiracket se ne sia parlato proprio oggi, 29 agosto 2013, 21 anni dopo la morte di Libero Grassi.
Adesso, attraverso il sito FAI (www.antiracket.info), tutti possono consultare con un semplice click del mouse le schede di approfondimento di processi che riportano le dinamiche estorsive e usuraie, l’analisi del gruppo criminale e del contesto ambientale, fino a questioni di diritto o anche la costituzione delle parti civili.
Il Commissario straordinario antiracket Elisabetta Belgiorno ha parlato proprio dell’utilità di questa banca dati e di come porti a pensare che l’omicidio di Libero Grassi non fu deciso dalla “cupola”. Interviene anche il magistrato Maurizio De Lucia che evidenzia come siano aumentate le denunce contro il racket da vent’anni a oggi:
“Il progetto ‘Zoom’ per un banca dati telematica dei processi contro racket e usura dimostra come si possano spendere bene i soldi dell’Unione Europea. Si tratta di un progetto utile, intelligente che serve, oggi in particolare, per fare il punto e una sorta di manutenzione ordinaria alle norme di riferimento su racket ed usura”. Lo ha detto il prefetto Elisabetta Belgiorno, commissario nazionale antiracket.
”Anche la mafia e gli aguzzini del pizzo risentono fortemente della crisi e del vento di cambiamento che c’è stato in Sicilia. Adesso chiedere il pizzo a un’impresa a rischio fallimento può voler dire, molto probabilmente, ricevere una denuncia”. Lo ha detto il presidente della Federazione antiracket italiana, Tano Grasso, presentando le prime cento schede della banca dati sui processi agli estortori realizzata nell’ambito del Pon sicurezza.
”Anche la banca dati contribuirà a dare nuovo impulso alla lotta al racket – ha spiegato – è importante per capire quello che è successo e cosa è cambiato dagli imprenditori che cercavano contatti per ‘mettersi a posto’ alle denunce”. Grasso ha ricordato anche la figura dell’ex capo della polizia e questore di Palermo Antonio Manganelli per il suo impegno nella lotta alle estorsioni.
“La ribellione di Libero Grassi è stata come un lampo che ha illuminato le tenebre. Prima sembrava quasi che le estorsioni non ci fossero, sembravano una tassa dovuta”. Lo ha spiegato il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, durante la presentazioni della nuova banca dati sui processi alle estorsioni.
“Nel 2012 sono stati iscritti 187 procedimenti per estorsioni, nel 2013 finora 103 – ha spiegato – Le denunce ci sono ma con il contagocce. La mafia si adatta ai tempi e sa che in tempo di crisi è meglio abbandonare l’estorsione brutale e diretta e usare altri metodi meno d’impatto”.
Il procuratore ha sottolineato come molti dei procedimenti è contestata l’aggravante dell’articolo 7, quella mafiosa. “La maggior parte di questi procedimenti iniziano grazie alle denunce, altre volte grazie a intercettazioni telefoniche e indagini classiche – ha aggiunto – Dal 2003 al 2012 l’andamento dei procedimenti ha avuto delle curve in po’ irregolari con differenze di qualche decina”.
“Quando venne trovato il libro mastro dei Lo Piccolo – ha proseguito – si ebbe un nuovo impulso e si pensò a una rapida eliminazione del fenomeno. Non c’è stata quella rivolta contro il sistema mafioso che ci si aspettava ma le associazioni e le forze dell’ordine non hanno nulla da rimproverarsi, si sta facendo il massimo. Un punto sul quale intervenire sono le banche che spesso quando un imprenditore subisce un danneggiamento penalizzano il creditore”. Secondo Messineo, “Il problema è che la ‘messa a posto’, che frutta alla mafia circa il 4% degli appalti è difficile da combattere anche perché la criminalità organizzata offre una serie di ‘servizi’ che lo Stato non è in grado di offrire”.