ROMA, 27 AGOSTO 2013 – Che l’Italia intervenga militarmente in Siria non è una certezza e se ieri, il ministro Bonino aveva lasciato l’ultima parola all’Onu, oggi, il ministro della Difesa Mario Mauro annuncia a L’Avvenire che anche se “si dovesse arrivare a una risoluzione nelle Nazioni Unite, l’Italia resterebbe fuori dalla Siria”.
Nonostante le dichiarazioni controcorrente di questa mattina, esiste comunque una linea comune sposata da Mauro e Bonino: una soluzione alternativa e politica. “Serve una prudenza estrema – ha detto Mauro – l’azione militare deve essere l’ultima scelta. Dobbiamo evitare avventure al nostro Paese e per far sì che ciò accada, bisogna discutere”.
E anche se l’Italia dovesse accettare di intervenire con le sue milizie dovrebbe fare i conti con gli altri impegni presi: “Attualmente i nostri militari sono impiegati in diversi scenari – prosegue Mauro – siamo in Libano, Kosovo, Afghanistan e Libia ed è per questo che non ci sono spazi per una nuova azione militare”.
Intervenire militarmente, che tocchi all’Italia o a qualcun altro all’interno dell’Unione Europea, potrebbe accendere la miccia di un ordigno ben più pericoloso: “Ricordiamoci che in Siria esiste la più importante base militare della Russia fuori dai propri confini – ha detto Mauro – e non abbiamo la minima idea di quelle che potrebbe provocare una attacco alla Siria nei rapporti con Mosca. Hanno già avvertito il mondo e hanno detto che niente sarà più come prima. Dovremmo interrogarci su questo messaggio”.
Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, a Radio Anch’io ha quindi, di conseguenza, fatto un passo indietro rispetto alle dichiarazioni di ieri, chiarendo che “anche se l’Onu autorizzasse un intervento, questo non implicherebbe che l’Italia possa dare un automatico via libera all’uso delle sue basi”.
Nel frattempo il team dell’Onu, impegnato nelle indagini sull’ultimo attacco chimico in Siria, è tornato, con un convogio di sei veicoli, nel sito in cui è avvenuta l’offensiva con i gas.