PALERMO, 19 AGOSTO 2013 – Via libera all’abolizione della tabella H e anche al decreto “anti-parentopoli” ma con l’impugnazione di tre commi per “l’eccessiva genericità” di alcune definizioni. Questa la decisione del Commissario dello Stato, Carmelo Aronica, sulle due norme approvate dall’Assemblea Regionale Siciliana prima della pausa estiva.
Aronica ha impugnato tre commi del ddl antiparentopoli, i rilievi riguardano la “genericità” con cui nel testo si fa riferimento a “funzionari”, “socio” e “dipendente” di enti per i quali è prevista l’ineleggibilità o l’incompatibilità. Tiene tutto il resto della legge, anche se dopo il provvridmento del Commissario il provvedimento ne esce sensibilmente modificato almeno dal punto di vista politico.
Passa interamente al vaglio del Commissario la norma che ha abolito la tabella H, l’elenco di enti e associazioni per anni finanziato con fondi della Regione nell’ambito della manovra economico-finanziaria, e in alcuni casi simbolo di spesa clientelare. La nuova legge prevede la predisposizione da parte della Regione di un bando aperto al quale potranno partecipare gli enti, le fondazioni e le associazioni purché dimostrino di avere alcuni requisiti per beneficiare dei fondi pubblici, con una priorità per chi è impegnato nel sociale e si occupano di disabilità. Sono stati stanziati 6,5 milioni per enti e associazioni, 2 milioni per i teatri e 5 milioni per le ex Province.
Scrive il prefetto Aronica: ”A fronte di un sistema normativo esaustivo di tutte le possibili forme di intervento per prevenire e reprimere il fenomeno della corruzione ed anche del potenziale conflitto di interessi per coloro i quali ricoprono cariche pubbliche, non si rinvengono allo stato degli atti a conoscenza di questo Commissariato dello Stato, peculiarità dell’ordinamento giuridico regionale, anche nello specifico settore della formazione professionale disciplinata dalla L.R. n. 24/1976, tali da giustificare una disciplina difforme in materia di compressione dell’elettorato passivo, per quanto concerne i lavoratori dipendenti con funzioni non dirigenziali ed i semplici soci a prescindere dalla titolarità di cariche direttive e/o di rappresentanza dell’ente”.
”Non vi è infatti ombra di dubbio – sottolinea il commissario dello Stato – che coloro che rivestono uffici direttivi e/o rappresentativi dell’ente o società detengono una posizione ben diversa dai semplici dipendenti ‘funzionari’ e dai meri soci senza cariche sociali e che soltanto nei confronti dei primi si può ravvisare la possibilità di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi dell’elettorato”. Per Aronica ”l’estensione delle cause di ineleggibilità a soggetti privi di poteri significativi all’interno dell’ente e/o società e di influenza all’esterno non rispetterebbe, ad avviso del ricorrente, il principio di razionalità della norma tanto sotto il profilo dell’articolo 3 quanto sotto quello previsto nell’art. 97 della Costituzione”.