PALERMO, 3 AGOSTO 2013 – Ieri tutti abbiamo conosciuto Giulia. Ci è bastato guardare le sue fotografie per capire che ragazza era e ognuno di noi si è soffermato su quel sorriso contagioso, sincero, spontaneo. Oggi, i nostri pensieri sono rivolti ai suoi genitori, alla sua famiglia, ai suoi amici.
Nessuno può sapere cosa significa ricevere una telefonata del genere. Nessuno può arrogarsi il diritto di ipotizzare quali sentimenti hanno colmato i cuori di Teresa e Angelo, i genitori di Giulia. Nessuno può permettersi di fare delle speculazioni su un dolore così immenso.
Anche io sono figlia unica. Ieri con mio padre abbiamo parlato solo per qualche minuto della tragedia che ha spezzato la vita di Giulia. Lui non è riuscito ad alzare lo sguardo.
Sarebbe troppo facile dire che da oggi ognuno di noi dovrebbe cambiare atteggiamento. Le solite cose che ci riproponiamo dopo una tragedia, anche se non ci tocca direttamente. I soliti e sempre disattesi “imparare a goderci ogni attimo” e “vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”. Frasi da gadget che sembra davvero impossibile provare a farne uno stile di vita.
Oggi però il mio pensiero va anche all’amica di Giulia che era in tandem con lei quando hanno deciso di provare il parasailing. Ho provato a riflettere su quali potessero essere i suoi pensieri, ma mi sono fermata subito. Terrorizzata.
Vorrei solo dirle che l’ammiro per il coraggio e la forza con la quale dovrà vivere una vita che le è stata donata due volte. E che sono certa che saprà custodire con intelligenza un dono così prezioso.