PALERMO, 22 LUGLIO 2013 – Non una questione morale, ma due. Il renziano Davide Faraone, dopo la direzione regionale di sabato e le polemiche di ieri, sceglie Facebook per accusare i “professionisti dell’antimafia”. Non fa mai nomi e cognomi, non cita Crocetta. Ma il bersaglio sembra chiaro.
“Ahimè non esiste una sola questione morale nel Pd siciliano – scrive – , ma due. La prima, la più scontata, è quella di cui si è parlato tanto sui giornali, poco, molto poco nel partito, a dire il vero. Tuttavia, i problemi, soprattutto quando sono grandi, si affrontano. Lasciarli lì a marcire, non porta alcun beneficio, anzi”.
Ripercorre gli ultimi mesi di vita del partito, delle cronache politiche e giudiziarie. “Già qualche mese fa il Pd escluse dalle liste due autorevoli dirigenti perché definiti “impresentabili”. Il forcing della campagna elettorale non consentì una riflessione. Sarebbe stato naturale tornare a discuterne subito dopo. Il fatto era grave, il corpo del partito, ma soprattutto gli esclusi, meritavano spiegazioni. Silenzio”.
“Qualche mese dopo scoppiò il “caso Giacchetto” – continua – imprenditore nel campo della pubblicità e della comunicazione, accusato di numerosi reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione, all’evasione fiscale. Vengono coinvolti numerosi politici, anche lì silenzio”.
“Infine gli scandali sulla formazione che coinvolgono numerosi politici accusati di peculato e truffa. Se ne parla? Ma anche no”.
“Parlarne – scrive -, trovare i luoghi di una seria discussione, non vuol dire trasformare gli organismi di partito in tribunali. Meno che mai puntare il dito accusatorio contro qualcuno sostituendosi alla magistratura. Nessuno può essere censore e nessuno può fare classificazioni della purezza”. Poi cita Nenni, “non fare troppo il puro, che poi arriva uno più puro di te e ti epura… “.
“Ma non si può far finta di nulla e affidare tutto alla magistratura. La politica ha il compito di comprendere, proporre, di accompagnare e possibilmente anticipare la magistratura nella sua azione. È in discussione la natura stessa del Pd e il partito non può essere omertoso. Garantisti si, all’ennesima potenza, ma non omertosi”.
Poi passa all’attacco dei “professionisti dell’antimafia” di ultima generazione, quella 2.0 perchè viaggia su internet e usa il web come strategia. “La seconda “questione morale”, grave quanto la prima, ma con una dose di omertà addirittura superiore. Superiore perché coinvolge anche i mezzi d’informazione. Superiore perché si dibatte tanto nelle “segrete stanze”, ma mai nessuno ha avuto il coraggio di farne argomento di dibattito pubblico”.
“Mi riferisco ai “Professionisti dell’antimafia 2.0”. Diceva Leonardo Sciascia: “Ieri c’erano vantaggi a fingere d’ignorare che la mafia esistesse; oggi ci sono vantaggi a proclamare che la mafia esiste e che bisogna combatterla con tutti i mezzi. Il potere fondato sulla lotta alla mafia è molto simile, tutto sommato, al potere mafioso e al potere fascista”. Ora, non voglio dire se Sciascia allora avesse ragione o torto, non è il momento né il luogo, ma sono certo, che quelle riflessioni sono attuali oggi”.
E ne traccia un ritratto: “I 2.0 usano l’antimafia, non soltanto per popolarità e lotta politica, ma per costruire blocchi di potere politico-economici alternativi a quelli esistenti. I 2.0 sono una lavatrice, usano il loro ruolo in vari ambiti della società, siano essi imprenditoriali, politici o giudiziari, per purificare. Se passi dalle loro mani, da ladro diventi guardia. I 2.0 utilizzano i mass media in maniera maniacale. Dedicano tanto tempo ad esibizionismi e non trovano il tempo per occuparsi dei problemi reali. I 2.0 non accettano alcuna critica politica o amministrativa, se la pensi diversamente da loro sei mafioso e attenti alla loro vita. I 2.0 danneggiano innanzitutto chi in passato ha perso la vita per combattere la mafia e chi oggi continua a farlo con dedizione, costruendo contro il fenomeno mafioso, percorsi virtuosi”.