PALERMO, 15 LUGLIO 2013 – “Proviamo a guardare” Palermo “con gli occhi di chi è più piccolo e indifeso e chiediamoci che Città stiamo consegnando alle nuove generazioni. La nostra Palermo vive ogni giorno la fatica di un presente provato da grandi e gravi bisogni sociali”. Così l’arcivescovo Paolo Romeo, nel corso del suo discorso alla città a Piazza Marina a conclusione del Festino di Santa Rosalia.
“Non si può negare che tante problematiche sono da inserirsi entro una più ampia crisi socio-economica che a tutti i livelli si evidenzia con preoccupanti segni di recessione”.
“Al mio cuore di Padre e di Pastore – ha aggiunto – sono presenti come una spina i tanti drammi dei senza-tetto, le difficoltà di reinserimento degli ex-detenuti, le emarginazioni vissute da tanti immigrati, il numero crescente di quanti perdono il lavoro per la chiusura di tante attività ed imprese. Ma mi preoccupano soprattutto i nostri giovani. Avverto tanto disagio. Rassegnazione e sconfitta. Io per primo – come uomo e come Vescovo – realmente mi vergogno per ciò che vivono questi miei figli”.
“Tutti – ha sottolineato ancora Romeo – ci sentiamo amareggiati di fronte ai picchi dei tassi di disoccupazione che colpiscono così drammaticamente il mondo giovanile, spiazzati all’incertezza con la quale le nuove generazioni provano ad affrontare la vita e cercano di costruire il loro futuro. Come possiamo oggi suggerire a due giovani di metter su famiglia? Di dare più stabilmente un contributo ala crescita della società? Verso cosa possiamo indirizzare la vita di tanti giovani laureati per i quali non esistono bacini lavorativi pronti ad accoglierli? La speranza per tanti giovani dovrà sempre essere legata a sistemi clientelari che inquinano sia la politica che la società? O ci si dovrà sempre accontentare del precariato?”.
“La speranza – ha continuato Romeo – non può essere relegata ai cammini dell’emigrazione che ci priva di usufruire anche delle risorse nazionali ed internazionali che solo una dinamica amministrativa della cosa pubblica può rendere operative. Tanti tentativi onesti di costruire il futuro vanno a vuoto. Troppe sono le vittime di questo orizzonte di immobilismo e di rassegnazione”.
“In molti non provano neppure più a trovare soluzioni lecite, col rischio concreto di imboccare più facili strade di illegalità, di sopraffazione e di microcriminalità, anche mafiosa. Nonostante tanti lodevoli sforzi compiuti da una quotidiana azione sinergica delle Forze dell’Ordine, sacche di malavita organizzata continuano a serpeggiare nel territorio, e – soprattutto attraverso il pizzo, lo spaccio di droga e la prostituzione – continuano a schiavizzare e seminare morte”.
Ma “al disagio sociale si aggiunge un degrado culturale senza precedenti, segnato da un pericoloso individualismo e da una vera e propria ‘dittatura del relativismo’ – così la chiama Benedetto XVI – un relativismo che ‘non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie'”.
“Palermo è così come sono i palermitani e così come la vogliono. Non soltanto gli Amministratori. Non soltanto chi ha ruoli di responsabilità, ma tutti, ciascuno per la sua parte, attingendo a quel patrimonio di fede che ereditiamo dal passato, siamo chiamati a costruire e ricostruire ogni giorno il futuro di Palermo. Bisogna cacciare via lontano da noi il tarlo della lamentela e lo spirito dello scoraggiamento, quello che Papa Francesco ha recentemente definito lo ‘sport dei vecchi’, tipico di chi si è fatto rubare la speranza, di chi non ha futuro da sognare e dunque di chi preferisce comodamente trarsi fuori da ogni impegno”.
“Servono, ad ogni livello, creatività, progettualità di lungo respiro, coraggio nel lottare pastoie burocratiche che rallentano lo sviluppo, contributo di responsabilità da parte di tutti i cittadini”.