MESSINA, 10 LUGLIO 2013 – Una famiglia mafiosa decimata dagli arresti e impoverita dai sequestri di beni, minata dalle dichiarazioni di tre esponenti di spicco del clan che iniziano a collaborare con la giustizia.
Ma anche un clan che cerca faticosamente di non allentare il suo controllo del territorio e in modo particolare l’attività estorsiva. Questo il quadro che emerge dalle indagini che hanno portato all’operazione “Gotha 4” con 35 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di uomini della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto indagati per associazione mafiosa, estorsione, rapina, omicidio, detenzione di armi e munizionamento ed altri delitti aggravati dalle finalità mafiose.
L’operazione si è svolta in diverse località della provincia di Messina ed ha coinvolto i Carabinieri del R.O.S., del Comando Provinciale e della Compagnia Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, insieme a personale della Polizia di Stato della Squadra Mobile di Messina e del Commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto.
Si tratta della naturale prosecuzione di “Gotha 3”, conclusa nel luglio del 2012 e realizzata anche grazie alle dichiarazioni di Carmelo Bisognano, capo del mandamento barcellonese del “Mazzaroti” e di Alfio Giuseppe Castro e Santo Gullo. Sotto i colpi delle loro dichiarazioni e con i vertici sottoposti al regime duro del 41 bis la cosca doveva non solo continuare i suoi affari ma anche coprire la latitanza di Filippo Barresi, uno dei capi arrestato dalla Polizia nello scorso gennaio.
Ma oltre a indagini, sequestri e pentiti, a minare la tenuta dei clan ci sono state anche le dichiarazioni di molti degli imprenditori del territorio che hanno fatto catturare gli uomini che taglieggiavano le loro attività. Fra questi Salvatore Campisi, arrestato nell’aprile del 2012 dai Carabinieri di Barcellona nell’ambito dell’indagine “Mustra”, le cui successive dichiarazioni hanno fatto luce sui due tentati omicidi ai danni del capo mafia Carmelo Giambò avvenuti fra il 2010 e il 2011 e sull’omicidio di Ignazio Artino, avvenuto il 12 aprile del 2011. Un delitto pianificato ed eseguito da Campisi insieme a Carmelo Maio, detto “spillo” per ottenere l’egemonia dell’attività del racket a Terme Vigliatore.
Gli investigatori, inoltre, hanno ricostruito il sistema delle estorsioni ai danni dell’imprenditoria nel territorio di Mazzarrà S. Andrea e ai danni dell’indotto economico della locale discarica comprensoriale. Massimo Giardina, Salvatore Italiano e Salvatore Artino avevano preso il posto al vertice dell’organizzazione di Carmelo Bisognano, Tindaro Calabrese e della vittima dell’omicidio Ignazio Artino.
Ricostruita anche la mappa delle estorsioni ed il ruolo dei “Mazzaroti” e dei Barcellonesi. Sotto la lente degli investigatori anche il gruppo “di San Giovanni”, dal nome dell’omonimo quartiere, già diretto da Ottavio Imbesi fino al momento del suo arresto avvenuto all’inizio del 2009 e poi dal defunto Giovanni Perdichizzi raccoglieva il denaro delle estorsioni con l’aiuto del suo “braccio armato” rappresentato da Antonino Scordino e Vito Vincenzo Gallo.
Un gruppo agguerrito ma scompaginato dalla collaborazione degli imprenditori che ha portato all’arresto di Alessandro Crisafulli e Vito Vincenzo Gallo. Anche nel caso delle cosche barcellonesi, il clan aveva iniziato a interessarsi nuovamente al traffico di droga. Un fenomeno simile a quello registrato dagli investigatori a Palermo. In tempo di crisi la mafia riprende a gestire gli affari del narcotraffico per assicurarsi un sostentamento e soprattutto gli “stipendi” dei picciotti e il “mantenimento” ai carcerati affiliati al clan.
Tra i nuovi capi, oltre ad Aliberti, figura Giuseppe Antonio Treccarichi legato a Tindaro Calabrese, Carmelo D’Amico all’imprenditore barcellonese Mazzeo Antonino, detto “Piritta”, risultato organico alla struttura mafiosa da vecchia data. Uno scenario di instabilità ai vertici della cosca nel cui ambito è possibile collocare i recenti omicidi di Giovanni Isgrò, ritenuto vicino a Giovanni Perdichizzi e Lorenzo Mazzù e dello stesso Giovanni Perdichizzi, punito per essersi appropriato della “cassa comune” dei clan.
A spiegarlo agli inquirenti il pentito Salvatore Cuttone le cui dichiarazioni hanno permesso anche di recuperare un vasto arsenale occultato in un suo terreno di Acquaficara di Barcellona. Armi modificate e ad alto potenziale offensivo, come richiesto da Alessandro Crisafulli per conto di Ottavio Imbesi.
Tutti i nomi degli arrestati: Francesco Aliberti (49 anni) nato a Barcellona; Salvatore Bucolo (25 anni) nato a Messina, Gianni Calderone (30 anni) nato a Barcellona; Alessandro Crisafulli (29 anni) nato a Barcellona già detenuto; Carmelo Crisafulli (23 anni) nato a Messina; Elio D’Amico (39 anni) nato a Barcellona; Vito Vincenzo Gallo (32 anni) nato a Messina, Carmelo Giambò (42 anni) nato a Bbarcellona, già detenuto; Giuseppe Antonio Impalà (50 anni) nato a Barcellona; Antonino Mazzeo (46 anni) nato a Terme Vigliatore; Nunzio Fabio Mazzeo (29 anni) nato a Barcellona; Lorenzo Mazzù (28 anni) nato a Barcellona; Aurelio Micale (35 anni) nato a Barcellona; Gianfranco Micale (30 anni) nato a Barcellona; Agostino Milone (44 anni) nato a Barcellona; Filippo Munafò (28 anni) nato a Barcellona; Massimiliano Munafò (44 anni) nato a Barcellona; Carmelo Perroni (39 anni) nato a Barcellona; Francesco Pirri (33 anni) nato a milazzo, già detenuto; Gianfranco Pirri (30 anni) nato a Barcellona; Stefano Rottino (41 anni) nato a Mazzarrà Sant’Andrea; Luciano Runcio (36 anni) nato a Messina; Maurizio Sottile (38 anni) nato a Barcellona; Giuseppe Antonio Treccarichi (49 anni) nato a Cesarò; Santo Alesci (32 anni) nato a Milazzo; Alessandro Artino (29 anni) nato a Barcellona; Antonino Artino (30 anni) nato a Bronte; Salvatore Artino (34 anni) nato a Bronte; Antonino Bagnato (31 anni) nato a Barcellona; Filippo Barresi (48 anni) nato a Barcellona; Domenico Chiofalo (28 anni) nato a Barcellona; Massimo Giardina (36 anni) nato a Patti; Salvatore Italiano (47 anni) nato a Rodì Milici; Carmelo Maio (21 anni) nato a Barcellona già detenuto; Antonino Scordino (48 anni) nato a Barcellona.
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