PALERMO, 27 GIUGNO 2013 – “Dopo tutto quello che è successo sono giorni che non dormo, sono venute fuori cose che non penso assolutamente”: sono le prime parole pronunciate in conferenza stampa da Fabrizio Miccoli che piange davanti ai cronisti.
“Io sono un calciatore, non sono un mafioso”, dice ancora continuando a piangere. E’ evidente che vorrebbe cancellare quelle frasi che hanno fatto il giro del mondo. “Chiedo scusa alla città”, aggiunge con un filo di voce.
Racconta di avere parlato con Maria Falcone: “Mi ha detto di chiedere perdono, lei mi avrebbe perdonato solo se l’intera città lo avrebbe fatto. Le ho chiesto la possibilità di farmi dimostrare che io non sono un mafioso”. Telefonata però che la sorella del magistrato ucciso ha smentito.
L’ex capitano rosanero, che oggi compie 34 anni, è indagato per estorsione e accesso abusivo a sistema informatico. Pesanti le accuse a suo carico. Miccoli, avvalendosi dell’amicizia con Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa ‘Scintilluni, avrebbe fatto riscuotere un credito nei confronti di una discoteca di Isola delle Femmine con metodi poco ortodossi. Nel fascicolo ci sarebbero anche quattro schede sim intestate a prestanomi, una delle quali sarebbe stata ceduta da Miccoli a Lauricella jr, durante la latitanza del padre.
Ma ad aggravare la posizione del calciatore ci sono alcune intercettazioni che svelano frasi choc: “Ci vediamo davanti all’albero di quel fango di Falcone”, diceva Miccoli a Lauricella jr e poi insieme cantavano “quel fango di Falcone”.
“Se ho sbagliato in questi sei anni è stato perchè ho cercato di essere non soltanto il capitano del Palermo ma Fabrizio, Fabrizio per tutti, credendo nella buona fede di tutti. Ho sempre cercato di aiutare tutti, chi non poteva pagare la luce e chi non poteva mangiare. Ho trascurato la mia famiglia per essere uno di voi, non solo il calciatore. Oggi mi rendo conto di avere sbagliato. Più di tutto conta la propria coscienza”.
Poi ribadisce: “Io voglio essere un testimonial contro la mafia, perchè io non sono un mafioso, sono contro la mafia”. Ma ci sono intercettazioni che lo “inchiodano” e Miccoli non può certo smentirle. “Sono quelle”. Poi dice anche: “Fa parte del gioco”, riferendosi probabilmente al fatto che quelle frasi siano state diffuse.
Ieri Miccoli è stato interrogato per quasi cinque ore dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostitituti Francesca Mazzocco e Maurizio Bonaccorso. Bocche cucite sull’interrogatorio e imponenti misure di sicurezza: filtra soltanto che il bomber si sia difeso strenuamente, rispondendo punto su punto.
L’interrogatorio, durante il quale Miccoli era accompagnato dal suo avvocato e procuratore Francesco Caliandro, è andato avanti sino alle 20,45, facendo slittare ad oggi la conferenza stampa che il giocatore aveva previsto per ieri pomeriggio.
Miccoli si dice sereno: “Sono state cinque ore importanti – dice riferendosi all’interrogatorio – , ho risposto a tutto quello che mi si chiedeva. Ho detto tutto quello che sapevo”. Poi interviene il suo procuratore che stoppa le domande relative all’inchiesta: “E’ un fascicolo corposo, al momento non possiamo dire nulla. Le risposte verranno al momento giusto”.
“Adesso devo rinascere – ha aggiunto il giocatore -, evitare tutte le sciocchezze, devo crescere. Pensare a quello che è la vita vera, la mia famiglia, i miei figli
“Non ho mai frequentato locali notturni o feste, sono stato solo tre volte in discoteca ad agosto a campionato finito. Pensavo ad allenarmi. Andavo qualche volta al ristorante, come tutti. Il lunedì mattina andavo a caccia con un ispettore di polizia. Ho sempre frequentato tutti ma non ho mai avuto secondi fini”.
Miccoli si commuove di nuovo pensando alla sua carriera nel Palermo, e con la voce rotta dal pianto, cita una partita con la Sampdoria, la finale di Coppa Italia, i tanti gol che ha fatto con la maglia rosanero. E su Gattuso dice: “Lo conosco da tanti anni e spero con tutto il cuore che riporti il Palermo in Serie A”.
L’ex capitano ha anche commentato l’iniziativa di un gruppo di tifosi che oggi deporrà una maglia rosanero all’albero Falcone: “Non vi nascondo che ho pensato di andare anch’io e di mettere la mia maglia. Non l’ho fatto perchè non volevo che in questo momento il mio gesto potesse essere strumentalizzato”.