PALERMO, 24 GIUGNO 2013 – È iniziata nell’ottobre del 2010 la vicenda processuale che ha portato alla condanna a 7 anni per Silvio Berlusconi, accusato dei reati di concussione e prostituzione minorile.
La sentenza per i reati imputati al Cavaliere è arrivata oggi dopo due anni e mezzo di udienze, inchieste giornalistiche e vicende mediatiche che hanno concentrato buona parte dell’attenzione dell’informazione italiana, e non solo, in questo periodo.
Era il 26 ottobre 2010 quando “Il Fatto Quotidiano” ha pubblicato la notizia del coinvolgimento di Berlusconi in un’inchiesta che vedeva protagonista una minorenne cittadina marocchina. Notizia smentita con tempestività dal capo della Procura di Milano, Edomondo Bruti Liberati: “Noi non ci occupiamo di pettegolezzi”.
Appena passati il natale e il capodanno del 2010, il 14 gennaio 2011 a Berlusconi fu recapitato l’invito a comparire, firmato dai magistrati milanesi, perché indagato per i reati di concussione e prostituzione minorile.
Berlusconi, secondo la tesi della Procura, aveva avuto dei rapporti sessuali con Ruby, tra il febbraio e il maggio 2010, in cambio di “denaro e altre utilità” (qui il reato di prostituzione minorile). Ma non solo, Berlusconi nella notte tra il 27 e il 28 maggio dello stesso anno avrebbe telefonato in Questura per chiedere, ed ottenere, l’affidamento della minore, in quel momento fermata dalla Polizia per un presunto furto, alla consigliera regionale Nicole Minetti (qui il reato di concussione). Berlusconi, parlando con il funzionario della Questura, sosteneva che la ragazza, Ruby, fosse nipote dell’allora presidente egiziano Hosni Mubarak.
Dal documento emerge che i pm vanno verso il giudizio immediato per il premier e che la sua iscrizione nel registro degli indagati risale al 21 dicembre 2010. Ma per gli avvocati dell’ex premier si trattava di una “gravissima intromissione nella vita privata del Presidente del Consiglio”. Il 17 gennaio 2011 arriva alla Camera la richiesta di autorizzazione da parte della Procura a perquisire l’ufficio di Giuseppe Spinelli, il ragioniere di Berlusconi e l’uomo dal quale partivano i bonifici bancari per alcune ospiti delle serate a villa San Martino.
Con allegati per oltre 500 pagine, i pubblici ministeri hanno tentato di ricostruire il così detto “Sistema Arcore”. Organizzazione di cui, secondo l’accusa, facevano parte anche Lele Mora ed Emilio Fede, con l’incarico di “procurare” al presidente Berlusconi giovani ragazze disposte a consumare rapporti sessuali con l’allora premier, nella sua casa di Arcore. Alle ragazze erano promessi soldi, gioielli e regali. E tra di loro anche la minorenne Ruby.
Il 21 gennaio 2011 i difensori di Berlusconi renderanno noto che Berlusconi non si sarebbe presentato al processo, ritenendo che “la competenza per il reato di concussione sia del Tribunale dei Ministri e non della Procura di Milano”. Tre giorni dopo, in aula, Longo e Ghedini, i legali del presidente del Milan, presentarono in Procura le indagini difensive, avvalorandole anche con le testimonianze di alcune giovani donne che negavano di avere assistito o partecipato a cene “hard” nella casa di Berlusconi. Il 15 febbraio 2011, il gip Cristina Di Censo rinviò a giudizio il Cavaliere, sostenendo che esistesse “l’evidenza della prova”, individuando come parti offese nella vicenda sia Ruby che il Ministero dell’Interno.
6 aprile 2011, inizio del processo. Gli avvocati di Ruby danno l’annuncio che la ragazza non si sarebbe costituita parte civile perché non riteneva di avere subito qualche tipo di danno. Ma nemmeno la procura citò la ragazza nella lista dei testimoni. Circa sei mesi dopo, il 19 ottobre del 2011, Silvio Berlusconi rese delle testimonianze spontanee in aula, negando di avere mai fatto sesso con Ruby e sostenendo che “ad Arcore non si sono mai viste scene sessuali”, spiegando inoltre che avrebbe appreso della minore età della ragazza e dell’inesistenza di legami di parentela con Mubarak solo la dopo la notte del 27 maggio, quando Ruby era stata fermata dalla polizia. La telefonata alla Questura milanese, per Berlusconi avrebbe avuto lo scopo di evitare un incidente diplomatico”. Il 14 febbraio 2012 è un San Valentino amaro per Berlusconi che vede respingere dalla Consulta il conflitto di attribuzioni sollevato dalle Camere contro i magistrati milanesi per la competenza ministeriale della vicenda.
Il 4 marzo 2013 inizia la requisitoria del pubblico ministero Antonio Sangermano che parla di “univoci elementi di prova contro Berlusconi” e di un “collaudato sistema prostitutivo ad Arcore” al fine di divertire l’imputato. Ma è l’8 marzo 2013 il giorno in cui dovrebbe concludersi la requisitoria con l’intervento del pubblico ministero Ilda Boccassini, ma il processo viene sospeso a causa del ricovero di Berlusconi per un’infiammazione agli occhi. L’ 11 marzo di quest’anno prende vita la “marcia” dei parlamentari e dirigenti del Pdl davanti al tribunale di Milano per sostenere il leader del partito.
Ma il processo subisce un nuovo stop il 25 marzo per lasciare alla Corte di Cassazione il tempo di valutare l’istanza di trasferimento per legittimo sospetto da Milano al tribunale di Brescia presentata dagli avvocati Ghedini e Longo. Il 13 maggio 2013 il pm Ilda Boccassini termina la requisitoria con la richiesta di condanna a sei anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Berlusconi.
Il giorno delle arringhe difensive arriva il 3 giugno. Longo e Ghedini parlano di una richiesta di pena “stratosferica” accusando i pm di avere fatto una “ricostruzione sociologica e morale della vita del Cavaliere”. La loro richiesta di assoluzione, o una dichiarazione d’incompetenza territoriale e funzionale da parte del Tribunale di Milano, è stata chiaramente respinta dalla sentenza di oggi.
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