Caso Messineo, silenzio in Procura. Agueci: “Una vicenda ingigantita”. Salvatore Borsellino: “Verità scomode”

di Redazione

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Caso Messineo, silenzio in Procura. Agueci: “Una vicenda ingigantita”. Salvatore Borsellino: “Verità scomode”

| giovedì 13 Giugno 2013 - 14:58

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PALERMO, 13 GIUGNO 2013 – Palazzo di giustizia, il giorno dopo. Bocche cucite sulla decisione della prima Commissione del Csm di aprire il procedimento per il trasferimento d’ufficio del Procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, per incompatibilità ambientale.

 

Non rilascia dichiarazioni il diretto interessato e neanche gli altri magistrati. In mattinata si era diffusa la voce di un documento di solidarietà che girava fra le stanze della Procura. Poi ritirato, quando è apparso chiaro che in calce non ci sarebbero state le firme di tutti i sostituti. Il rischio, insomma, era di rendere palese la tensione e la spaccatura che si respira a Palazzo di Giustizia.

Da più parti il tentativo è quello si smorzare i toni. Lo ha fatto ieri il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, lo fa oggi anche Leonardo Agueci, intervistato dall’Adnkronos. Nelle motivazioni del Csm sull’avvio della procedura spiccava, infatti, il testo dell’audizione del sostituto che indicava nello scarso coordinamento di Messineo la mancata cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro.

 

Non è vero che il Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo abbia impedito la cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro – dice Agueci – c’è stato invece un problema di coordinamento delle indagini. Insomma un mancato coordinamento. Tutto qui. È una vicenda ingigantita”.

 

Anche sulle spaccature nell’ufficio Agueci nega: “La Procura di Palermo non è una polveriera. È un ufficio unito che continua a lavorare con grande impegno. Certo, non posso negare, e sarebbe ipocrita farlo, che ci sono state delle divergenze di idee. Ma non parlerei di veleni al Palazzo di giustizia di Palermo”.

“Noi non siamo contro Messineo – chiarisce Agueci – ci auguriamo che la vicenda si risolva al più presto. La situazione è molto delicata ma la fiducia nel Csm deve essere, mai come adesso, la più ampia possibile”.

Ma dopo Ingroia anche Salvatore Borsellino, il fratello del giudice e leader di Agende Rosse, collega la decisione del Csm al procedimento sulla trattativa Stato-mafia. Oggi Borsellino era all’aula bunker di Rebibbia a seguire il “Borsellino quater”.

 

Ai microfoni di RaiNews24 denuncia: “Da quando il processo è iniziato gli attacchi si sono fatti sempre violenti. In Italia ci sono molte persone che hanno interesse che non venga fuori la verità su via D’Amelio e la trattativa”.

 

E poi rivela: “Io a Ingroia lo avevo detto. Lui mi disse che una volta lasciata l’inchiesta gli attacchi sarebbero diminuiti perché puntavano soprattutto contro di lui. Ma io lo avevo contraddetto. Vedrai che invece aumenteranno. E così è stato. Gli attacchi contro la Procura aumentano sempre nei momenti cruciali di questa inchiesta”.

E intanto proprio ieri il Procuratore generale della Corte di Cassazione ha convocato lo stesso Messineo ed il pm Nino Di Matteo per il prossimo 27 giugno. Al centro dell’audizione il provvedimento disciplinare nei del pm che rappresenta l’accusa nel processo per la trattativa tra Stato e mafia, per avere rilasciato un’intervista al quotidiano La Repubblica nella quale ammetteva l’esistenza delle telefonate tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Di Matteo è accusato di avere “mancato ai doveri di diligenza e riserbo”.

 

Singolare la data scelta per la convocazione. Il 27 giugno è il giorno fissato per la nuova udienza del processo per la trattativa Stato-mafia. L’udienza era stata spostata dal 6 al 27 su richiesta dei difensori di Nicola Mancino. Il presidente Montalto, aveva concesso un termine a difesa per consentire ai legali dell’ex ministro di studiare le precisazioni sul capo d’imputazione presentate il 31 maggio dall’accusa.

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