PALERMO, 13 GIUGNO 2013 – “Nei miei confronti sono state commesse delle gravi violazioni del diritto”. È un fiume in piena, Salvino Caputo, il giorno dopo la sua decadenza da parlamentare regionale e annuncia ricorsi contro la decisione della Commissione verifica poteri dell’Assemblea regionale siciliana.
“Non mi aspettavo un trattamento così superficiale da parte degli uffici dell’Ars e soprattutto da parte del mio amico, il presidente Ardizzone”, ha aggiunto Caputo, dichiarato decaduto ieri per via della condanna, passata in giudicato, per abuso d’ufficio ai tempi in cui era sindaco di Monreale.
Oggi Caputo contesta il fatto che la Commissione verifica poteri dell’Ars abbia semplicemente preso atto di una comunicazione del Commissario dello Stato, che annunciava al Parlamento regionale la condanna definitiva del deputato, senza avviare una istruttoria e un dibattito, così come previsto dagli articoli 56 e seguenti del Regolamento dell’Ars.
“Ho presentato sette pareri legali – continua Caputo – due di avvocati costituzionalisti, due di amministrativisti, due di penalisti e una perizia di diritto parlamentare, ma nessuno di questi è stato analizzato o preso in considerazione. D’altronde, come avrebbero potuto fare se la seduta della Commissione è durata pochi minuti? Il Regolamento dell’Ars, che è una legge di valore costituzionale, mi riconosce il diritto a un’istruttoria. Diritto che mi è stato negato”.
La contestazione di Caputo si basa sul principio legale per cui una legge non può avere effetti retroattivi e dunque una norma, entrata in vigore nel 2012, quella che prevede la decadenza da cariche pubbliche, non può avere effetti su fatti avvenuti precedentemente.
“Avevo anche chiesto all’Assemblea regionale 15 giorni di tempo prima di convocare la Commissione verifica poteri, perché la Cassazione potrebbe aver commesso un errore materiale nel calcolo della decorrenza della prescrizione e la sentenza quindi potrebbe essere annullata”.
Nel corso del processo davanti all’Alta Corte, infatti, il Procuratore generale avrebbe chiesto l’archiviazione del reato per avvenuta prescrizione, ma la Cassazione, secondo un calcolo diverso, non l’avrebbe accolta, generando, secondo la difesa di Caputo, un errore materiale.
“C’è su questa vicenda un ricorso in atto – spiega Caputo – poiché l’articolo 625 bis del Codice di procedura penale prevede che, nel caso di errore materiale, la sentenza e i suoi effetti svaniscano. Per questa ragione avevo chiesto più tempo, per attendere che la sentenza venisse depositata, ma c’è stata un’anomala fretta nell’affrontare la vicenda della mia condanna”.
“Per altri parlamentari, come ad esempio per l’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca, ci sono voluti quasi 4 anni e mezzo. Un atteggiamento così superficiale nei miei confronti da parte del mio amico Giovanni Ardizzone – ha concluso Caputo – proprio non me lo aspettavo”.