PALERMO, 11 GIUGNO 2013 – Si è ulteriormente ingrossato il partito dei non votanti. Accertato che il centrosinistra ha complessivamente vinto queste elezioni e che i più penalizzati sono stati gli uomini del centrodestra e i grillini, è anche opportuno soffermarsi sul progressivo sgretolamento del corpo elettorale.
L’astensionismo ha una precisa ragione: i cittadini, gli elettori, non hanno più fiducia nella classe politica. Un giudizio popolare tagliente, sebbene generalizzato, che già da un po’ avrebbe dovuto fare riflettere.
E invece la distanza tra i palazzi e la gente è sempre più ampia: la gente non capisce e non vuole più capire il perverso linguaggio della politica e la politica sembra non capire i problemi reali della gente, dei territori che sono chiamati ad amministrare.
I dati sono sotto gli occhi di tutti, i votanti sono diminuiti in quasi tutti i comuni siciliani, hanno votato più o meno due siciliani su tre. Il fenomeno ovviamente non è soltanto siciliano (basse percentuali anche nei comuni italiani chiamati al ballottaggio) ma non per questo è meno preoccupante.
Il segnale della disaffezione era partito proprio dalla Sicilia, come sempre antesignana, nel momento in cui si parla di politica: tredici mesi fa per le amministrative di Palermo Orlando vinse al ballottaggio ma complessivamente le sue percentuali di consenso erano distanti un chilometro da quelle di quindici anni prima; Rosario Crocetta è diventato presidente della Regione vincendo al ballottaggio con Nello Musumeci in una elezione contraddistinta da un calo a due cifre degli elettori, motivo per cui i suoi avversari politici commentarono che era diventato presidente con un consenso reale del 15%.
Ora è il momento dei commenti post elettorali. Crocetta e il Pd hanno celebrato la loro vittoria, ci mancherebbe. Il successo siciliano – abbinato a quello totalitario ottenuto dal centrosinistra nel resto d’Italia, 16 Comuni su 16 – potrebbe aprire nuovi scenari ma il quadro politico negli ultimi anni – a qualunque latitudine italiana – ha dimostrato di essere solido come un castello di sabbia.
La politica siciliana non dimentichi il dato dell’astensionismo: dovrà lavorare per arginare un fenomeno che è preoccupante, quello della disaffezione della gente. Il dialogo tra popolo e casta ormai non avviene più attraverso i canali tradizionali, non avviene più nelle segreterie o nelle urne, avviene solo per strada, con proteste sociali sempre più esasperate e disperate. Con la convinzione nemmeno tanto peregrina che spesso chi fa più casino ottiene ciò che vuole.
La Regione siciliana è allo sbando (non certo solo per colpa di Crocetta) ma non si intravedono spiragli di ottimismo, la macchina amministrativa è pressocché ferma, l’Europa ci guarda con sempre maggiore sospetto perchè spendiamo poco e male. Le principali città siciliane, Palermo, Catania e Messina (non certo solo per colpa degli attuali sindaci), brancolano nel buio, l’indice di gradimento è in picchiata, ci sono poche idee e quelle che ci sono restano nei cassetti per mancanza di fondi. Si va verso il default di molti Comuni, piccoli e grandi.
Purtroppo anche la speranza dei cittadini è andata in default.