PALERMO, 2 GIUGNO 2013 – Il 2 giugno del 1946, con il referendum istituzionale, gli Italiani sceglievano la forma di Stato in cui più si riconoscevano: via la Monarchia, era l’ora della Repubblica. Un giorno, che ogni anno da allora, festeggiamo, perchè fu un nuovo inizio per la storia italiana e rappresenta per le donne della penisola il principio della loro vita da cittadine: per la prima volta, infatti, poterono esercitare il proprio diritto di voto.
Sole, nel segreto della cabina elettorale, le italiane (professioniste, contadine e operaie, donne di diverse generazioni e classi sociali) furono libere di decidere. Una tappa fondamentale nel processo dell’emancipazione femminile e femminista, che ancora oggi qualcuno – dati sui femminicidi alla mano – stenta a dichiarare concluso. Ogni giorno per le donne, infatti, c’è una nuova battaglia da combattere, un nuovo diritto da reclamare, un nuovo attacco da cui difendersi.
Ed è per questa ragione che il Comune di Palermo, quest’anno, ha scelto di festeggiare la nostra Repubblica ricordando, allo stesso tempo, uno dei giorni più importanti nella storia delle donne.
All’indomani delle elezioni, il fotografo Rocco Patellani immortalò una giovane donna italiana, una Marianne per il nostro paese, che mostra, col volto sorridente e pieno di luce, la prima pagina del “Corriere della Sera” col titolo “È nata la Repubblica” a tutta pagina. La giovane donna bruna guarda fiduciosa in avanti, volge lo sguardo al futuro, incarnando così le speranze riposte nel nuovo stato italiano.
Cos’è successo poi?
Alle votazioni di quel giorno del 1946 partecipò quasi il 90 per cento degli aventi diritto: un dato che, se confrontato con quello degli ultimi anni, ci lascia sconcertati, attoniti, turbati. Come abbiamo fatto a perdere, nel corso di tutti questi anni, la voglia di partecipare attivamente, così come la legge ci impone e ci riconosce, alla vita del nostro paese? Di chi è la colpa? La colpa, come nei quotidiani battibecchi familiari, non sta mai da una parte sola.
Quel giorno del 1946 abbiamo scelto la res pubblica, la “cosa pubblica”, ovvero di tutti noi. Per ricordarcelo, forse dovremmo tenere a mente, la lettera con cui il partigiano Giacomo Ulivi, fucilato a soli 19 anni nel 1944 a Modena, prese commiato dalla vita.
Una sorta di testamento spirituale in cui ci metteva in guardia dall’indifferenza e dal disimpegno: “Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, che ogni sua sciagura è sciagura nostra. Per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma cominciamo a guardare in noi e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere”.
A Palermo le celebrazioni per il 67esimo anniversario della proclamazione della Repubblica sono iniziate a piazza Vittorio Veneto con l’alza bandiera e la banda che ha intonato l’inno di Mameli. Dopo la deposizione di una corona di fiori in omaggio ai caduti il prefetto di Palermo, Umberto Postiglione ha letto il messaggio del capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
“È giusto – ha scritto il presidente della Repubblica – che in questa giornata del 2 giugno l’Italia dia di sé un’immagine di dignità, di consapevolezza, di volontà costruttiva. Viviamo con profonda preoccupazione il protrarsi e l’aggravarsi della recessione, la crisi diffusa, in molti casi drammatica, delle imprese e del lavoro. Ma diciamo a noi stessi, come all’Europa e al mondo, che a queste difficoltà non ci pieghiamo, che vi reagiamo convinti di poterle superare”.
Quest’anno il Comune di Palermo ha deciso di dedicare la festa della Repubblica alle donne siciliane e ha scelto come simbolo “dell’importanza e della necessità di promuovere le pari opportunità in città”, una specie di Pioppo, il Populus Alba, che, le consigliere comunali hanno piantumato nel parco Uditore.