PALERMO, 30 MAGGIO 2013 – I ricavi della criminalità organizzata in Italia rappresentano l’1,7% del Pil nazionale. Una quota pari a 25,7 miliardi di euro, in pratica circa 427 euro per abitante nel 2010.
La più ricca è la camorra con 3.750 miliardi incassati nel 2011, seguita dalla ‘ndrangheta con 3.491. Cosa nostra è solo terza con 1.874 miliardi di euro, la criminalità organizzata pugliese incassa 1.124. Sono 19.987 i beni confiscati: 69 progetti prevedono il loro recupero a fini sociali e la maggior parte sono concentrati in Sicilia (28). Altri 17 in Campania, 10 in Calabria, 14 in Puglia.
Sono i dati del centro Transcrime dell’Università Cattolica, raccolti nel rapporto chiamato: “I beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali nelle regioni dell’Obiettivo convergenza: dalle strategie di investimento della criminalità all’impiego di fondi comunitari nel riutilizzo dei beni già destinati”, finanziato dal Pon Sicurezza 2007-2013.
“Indubbiamente molto spesso abbiamo dato delle cifre che sono state quantificate a spanne – sottolinea il prefetto Alessandro Marangoni, vice capo vicario della Polizia di Stato –, oggi invece abbiamo una valutazione e dei riferimenti corretti. È chiaro che è solamente il primo passo, è un’analisi da atti giudiziari e da atti in possesso dell’Agenzia dei beni confiscati alla mafia”.
“Il segnale forte che noi dobbiamo dare – ha aggiunto Marangoni- è che lo Stato ha la forza di affondare le mani nelle tasche dei mafiosi per riappropriarsi di quei beni che illegalmente, illecitamente sono stati acquisiti dai mafiosi e ridarli alla società civile”.
Lo studio mostra come la criminalità reinveste i capitali illeciti nell’acquisto di beni immobili (52%), beni mobili registrati (21%) e aziende (9%).
Le fonte principale dei ricavi sono estorsioni e droga, che incidono per il 68 per cento. Fra le attività illegali più redditizie anche lo sfruttamento della prostituzione, il traffico illecito di armi, il gioco d’azzardo, la contraffazione, il traffico illecito di rifiuti e di tabacco, l’usura. Secondo lo studio, solo una piccola quota tra il 32% e il 51% dei ricavi delle attività illegali termina nelle casse delle organizzazioni mafiose.
“Abbiamo un ottimo apparato legislativo – dice il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico – che ha consentito al nostro Paese di realizzare importanti risultati nell’azione di contrasto alla criminalità. Si tratta di “fenomeni” che si evolvono e noi dobbiamo saper costruire una capacità di risposta sempre più avanzata”.
Dallo studio emerge anche che le aziende mafiose preferiscono operare in territori ad alta presenza mafiosa, territori a bassa competitività straniera, settori a bassa tecnologia e settori collegati alla pubblica amministrazione. Il Sud è la “sede preferita” ma la criminalità organizzata è ben radicata anche in alcune zone del nord-ovest e del centro Italia: in particolare Lazio, Liguria, Piemonte, Basilicata e Lombardia. Costruzioni, estrazione e ristorazione i settori con le maggiori infiltrazioni della criminalità.
”Speriamo che entro l’anno sia approvata la direttiva europea sulla confisca – ha detto Sonia Alfano, presidente della Commissione Crim – . La direttiva sulla confisca è una delle priorità del Parlamento Europeo, anche in virtù dell’innegabile inefficacia del vigente quadro normativo. Bisogna muoversi in fretta verso un’armonizzazione delle norme che possa fungere da base per il reciproco riconoscimento degli ordini di sequestro e confisca e per garantire dunque un contrasto senza confini alla criminalità organizzata e mafiosa. Personalmente mi sto battendo perchè si lavori bene e in fretta ma è importante pure l’impegno delle Istituzioni italiane: il nostro Governo dovrà presentarsi in Consiglio UE con una posizione forte, deciso a guidare questo processo e a fare sponda al Parlamento Europeo dove la rappresentanza di deputati italiani sta ampiamente facendo il proprio dovere”.