PALERMO, 28 MAGGIO 2013 – È il decreto legislativo 235 del 31 dicembre 2012 a inchiodare il parlamentare regionale Salvino Caputo che, in seguito alla condanna definitiva per abuso d’ufficio passata in giudicato, potrebbe perdere il proprio posto all’Assemblea regionale siciliana.
L’articolo 7, quello che prende in esame le cause di incandidabilità alle elezioni regionali, prevede una serie di commi nei quali sono specificati i casi in cui i soggetti “non possono essere candidati alle elezioni regionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della Giunta regionale, assessore e consigliere regionale, amministratore e componente degli organi, comunque denominati, delle unità sanitarie locali”.
Fra i casi c’è quello citato al comma C che riguarda coloro che “hanno riportato condanna definitiva per i delitti, consumati o tentati, previsti anche dall’art. 323 del codice penale”, cioè quello relativo all’abuso d’ufficio.
L’articolo 14 del decreto legislativo specifica che le disposizioni in materia di incandidabilità si applicano anche nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano.
Secondo quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 8 del citato decreto legislativo i provvedimenti di sospensione e decadenza in Sicilia sono di competenza del Commissario dello Stato.
La condanna di Caputo per tentato abuso d’ufficio, un anno e cinque mesi, è diventata definitiva la settimana scorsa con il pronunciamento della Cassazione. Il deputato, che ha ottenuto la sospensione della pena, in primo grado era stato condannato a due anni, poi ridotti in appello dove era caduta l’accusa di falso.
Caputo aveva tentato di far cancellare alcune multe quando era ancora sindaco di Monreale, tra cui quella per l’allora arcivescovo Salvatore Cassisa e quelle per l’ex assessore Francesco Nocera e l’allora presidente del Consiglio comunale Roberto Terzo.
A sollevare il caso è stato il gruppo del Movimento 5 Stelle all’Ars, che chiederà ai deputati di Sala d’Ercole di affrontare il prima possibile la “questione Caputo” a meno che non arrivino le dimissioni del parlamentare.
Ma Salvino Caputo è certo che non andrà a casa. “Non ci sono assolutamente le condizioni – dice il parlamentare regionale a Si24 – affinchè si applichi al mio caso il decreto legislativo citato. Ma le ragioni di questa certezza non posso spiegarle, perchè faccio l’avvocato da 36 anni e so che in questi casi è meglio scegliere il silenzio”. E ai grillini dell’Ars ribadisce la sua stima e la sua amicizia.
In soccorso di Caputo, intanto, è intervenuto il capogruppo del Pdl, Nino D’Asero, con quella che definisce “non un’arringa d’ufficio, bensì una difesa realmente sentita”. “Certo di poter parlare a nome di tutto il gruppo – ha detto – voglio ricordare il continuo impegno per le istituzioni e nella lotta alla criminalità organizzata e al malaffare che l’amico Salvino ha sempre profuso negli anni, come amministratore e come deputato per quattro legislature consecutive. Caputo – continua D’Asero – è fra l’altro autore di un ddl che codifica e semplifica l’iter di assegnazione dei beni confiscati alla mafia mentre l’accusa per la quale è stato condannato, oltretutto con pena sospesa, non è di certo infamante e, infine, si riferisce ad atti amministrativi che risalgono a quasi dieci anni fa”.
Il primo dei non eletti per il Pdl è Pietro Alongi, vice presidente della Provincia regionale di Palermo. Della vicenda dovrà discuterne la Commissione verifica poteri, prima di approdare in Aula all’Assemblea regionale siciliana.