TARANTO, 26 MAGGIO 2013 – Si è dimesso il Consiglio di amministrazione dell’Ilva di Taranto. Questa la scelta dei vertici dell’industria siderurgica pugliese dopo il maxisequestro di oltre otto miliardi di euro disposto ieri dal gip Patrizia Todisco.
A rassegnare le proprie dimissioni, che avranno effetto dalla data dell’assemblea dei soci che il Consiglio ha convocato per il prossimo 5 giugno alle 9, non soltanto il presidente dell’Ilva SpA, Bruno Ferrante, indagato per reati ambientali, ma anche l’amministratore delegato Enrico Bondi e Giuseppe De Iure. “Vista la gravità della situazione – si legge in una nota della società, diffusa al termine della riunione del Cda a Milano – e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva detenuta da Riva Fire, i consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche”.
Ma promettono battaglia, annunciando l’impugnazione del sequestro dei beni per otto miliardi di euro, cifra equivalente alle somme che nel corso degli anni l’Ilva avrebbe risparmiato non adeguando gli impianti del siderurgico, e in particolare quelli dell’area a caldo, alle normative ambientali, pregiudicando l’incolumità e la salute della popolazione.
Gravi le ricadute occupazionali che potrebbero derivare dalla chiusura dell’azienda di Taranto. A rischio sono infatti oltre 40 mila posti di lavoro, tra quelli direttamente coinvolti e quelli dell’indotto. Della vicenda si stanno interessando anche le istituzioni nazionali ed europee.