PALERMO, 23 MAGGIO 2013 – Il nome in codice era Quarto Savona Quindici, era la scorta della Polizia di Stato incaricata della tutela del giudice Giovanni Falcone.
Tre di loro morirono insieme a lui e a Francesca Morvillo, investiti in pieno con la loro Croma marrone che faceva da staffetta alle altre due blindate. Quella bianca di Falcone, il giudice che alla radio della sala operativa della Polizia in codice era “Fox” e quella azzurra che chiudeva il corteo.
Gli altri agenti della squadra “Quarto Savona Quindici”, da quel giorno, si chiedono perché non c’erano loro al posto di Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Gli “esperti” la chiamano sindrome del reduce, il senso di colpa dei militari che sono sopravvissuti a una strage, a una guerra.
Antonio Montinaro aveva 30 anni. Quel giorno era il capo scorta, sostituiva un collega. Era sposato con Tina e aveva due figli, uno di 4 anni e uno di 18 mesi. Accanto a lui al volante Vito Schifani. 27 anni, sposato con Rosaria Costa di 22 anni, un figlio di quattro mesi. Nel sedile posteriore, gli occhi fissi sulla Croma bianca, Rocco Dicillo, di Bari, 30 anni compiuti da un mese.
Dalla radio della sala operativa, in quel drammatico sabato, gli agenti ascoltavano il normale rumore di sottofondo proveniente dalle blindate mentre le tre auto correvano dall’aeroporto di Punta Raisi verso Palermo. Poi il silenzio assoluto: “Fox, Fox non risponde” e la comunicazione passò sul canale criptato. Era l’inizio della fase di emergenza. I minuti più lunghi della Questura palermitana.
(Foto tratta dal blog quartosavonaquindici.it)