PALERMO, 16 MAGGIO 2013 – Quando parliamo di crisi pensiamo spesso alle statistiche, ai numeri, a quei numeri che “fanno notizia”, che quantificano i posti di lavoro persi, i bilanci in rosso, i fatturati in calo. Ma la crisi non è fatta solo di numeri ma anche di persone, delle loro storie, dei loro drammi.
Due di queste storie arrivano da Gela, cittadina industriale che, come accaduto in altre zone, la storia ha sottratto al mare e al turismo per consegnare le terre a fabbriche e grandi imprese. Colossi come la Fiat, che a Termini Imerese non ha esitato a chiudere i battenti e a lasciare a casa gli operai.
A Gela un imprenditore si è sentito male dopo un mese di sciopero della fame. Emilio Missuto vive ormai davanti al Tribunale e digiuna per cercare di difendere la sua azienda, il suo lavoro, i suoi beni. La sua storia forse è simile a tante altre, la sua impresa è fallita pur vantando un credito milionario da un ente pubblico e Missuto ha dovuto licenziare i suoi operai. Ma Emilio non si arrende, vuole capire perchè è costretto all’indigenza quando basterebbe incassare quello che gli spetta e per cui ha lavorato.
Ancora Gela, da due giorni non si hanno notizie di Rosario Migliore. Rosario ha una moglie e tre figlie. Una di loro, qualche tempo fa, gli chiese in regalo una bambola. Rosario provò a togliersi la vita perchè non poteva comprarla. Rosario è la stessa persona che mise in vendita un rene per mantenere la sua famiglia, la stessa persona che ha cercato di uccidersi in altre occasioni per la disperazione di essere senza un lavoro. Senza futuro. Senza speranze.
Storie come quelle di Emilio e Rosario se ne potrebbero raccontare a decine, a Gela come a Termini Imerese, a Carini come negli altri agglomerati industriali – nemmeno tanti, in Sicilia – in cui la crisi ha portato via il lavoro e la speranza. La cronaca ce ne consegna ogni giorno, anche ieri e purtroppo anche domani.
Storie che tutti dovremmo conoscere e ricordare, specialmente chi è chiamato a guidare responsabilmente un Paese o una Regione. Risolvere i problemi che attanagliano una comunità di persone che hanno perso la speranza è mestiere difficile che non può essere affrontato con parole vacue o promesse non mantenute.
La crisi non è solo una questione di numeri ma è soprattutto una questione di persone. Di uomini. E di dignità.