PALERMO, 7 MAGGIO 2013 – Una bocciatura netta della Finanziaria regionale arriva da Confindustria Sicilia che oggi ha riunito il Consiglio direttivo, presieduto da Antonello Montante (nella foto), si è riunito oggi proprio per esaminare il contenuto della Finanziaria regionale. Una bocciatura che ovviamente avrà ricadute politiche e che testimonia il grado di esasperazione che coinvolge tanto le imprese quanto i lavoratori, come testimoniano le continue manifestazioni di protesta.
I presidenti provinciali di Confindustria e delle categorie hanno valutato, in particolare, l’impatto sulle imprese dei provvedimenti che hanno visto colpire duramente il comparto delle acque minerali, delle attività di estrazione dei minerari da cava e degli idrocarburi. È quanto si legge in una nota dell’associazione che rappresenta gli industriali siciliani.
Confindustria Sicilia, prosegue la nota, “è consapevole che la legge finanziaria certamente non è lo strumento adeguato per contenere interventi di ampio respiro per lo sviluppo del settore produttivo, ma non è nemmeno l’occasione per spremere un limone che non ha più succo. E le imprese di questa Regione stanno sparendo, se si continua a spremere il limone, con l’Irap ai massimi livelli e le addizionali Irpef regionale e comunale, ed infine adesso con l’introduzione di canoni che finiranno per fare perdere entrate sul bilancio della regione, piuttosto che aumentarle, oltre alla perdita di migliaia di posti di lavoro. La legge di stabilità regionale avrebbe dovuto solo mettere a posto i conti della Regione, che registravano un fabbisogno finanziario di oltre 2 miliardi e 300 milioni di euro”.
“Confindustria Sicilia – prosegue la nota – era consapevole delle difficoltà che il Governo e l’Ars avrebbero dovuto affrontare per far quadrare i conti. Un compito non semplice, considerato che ci si ritrovava a farlo nel corso di una grave fase recessiva che ha colpito le imprese. Fase recessiva che si traduce in un preoccupante calo delle entrate fiscali, dei trasferimenti statali a causa delle misure di risanamento della finanza pubblica adottate dal Governo nazionale. Una situazione molto pesante che esigeva interventi rigorosi e calibrati nello stesso tempo per evitare tagli orizzontali e non compromettere la funzionalità di presidi fondamentali al sostegno ed allo sviluppo delle attività produttive. Ci si attendeva, insomma, un cambiamento di rotta, segnali concreti alla comunità siciliana che il nuovo Governo regionale e la nuova Assemblea regionale volevano voltare pagina. La rappresentazione dei lavori parlamentari è stata documentata abbondantemente dai mass media”.
“Ma la cosa più grave – sottolinea Antonello Montante – è il risultato che ne è scaturito. Una serie di emendamenti notturni, che da una parte hanno indebolito il Governo impegnato nella tenuta dei conti, e dall’altra hanno portato all’introduzione di una serie di interventi mirati a colpire alcuni comparti produttivi con l’introduzione di balzelli, francamente inopportuni e spropositati nella misura, instaurando un clima di avversione verso il sistema delle imprese che preoccupa anche in prospettiva”.
Tale modalità di legiferare da parte del Parlamento siciliano, secondo Confindistria Sicilia, “è in spregio alla previsione dello Statuto della Regione Siciliana che all’articolo 12 prevede espressamente che ‘i progetti di legge sono elaborati dalle Commissioni dell’Assemblea regionale con la partecipazione delle rappresentanze degli interessi professionali e degli organi tecnici regionali'”.
Quando non si rispetta tale prescrizione, prosegue la nota di Confindustria, “è evidente che ci si ritrova a legiferare in modo confuso e anche in modo poco trasparente, non avendo valutato preventivamente l’impatto delle norme sul sistema delle imprese. L’impegno principale dell’Aula, invece, come nel passato più o meno recente è stato l’ascolto degli umori e delle questue della ‘piazza assistita’, acquietata e soddisfatta e che ha ringraziato con manifestazioni di giubilo”.
Confindustria Sicilia, si legge sempre nella nota, “è ben consapevole che occorra preservare la coesione e la tenuta sociale. Non si può fare macelleria sociale, ma i precari devono essere valorizzati e non utilizzati per mantenere il consenso nella perenne campagna elettorale. Ma è evidente che ciò non può essere fatto a discapito del sistema produttivo”.