TRAPANI, 2 MAGGIO 2013 – Una testimonianza agghiacciante, quella della diciassettenne Simona Savalli, alla Corte d’Assise di Trapani nel processo contro il padre Salvatore accusato dell’omicidio della moglie.
Il corpo della 39enne Maria Anastasi, al nono mese di gravidanza, fu ritrovato bruciato lo scorso 4 luglio nelle campagne di Trapani.
La figlia cita il padre chiamandolo sempre “il signor Savalli” e rivela: “ha cercato di uccidermi più di una volta”. Ed elenca più di un episodio: “Una volta mi ha preso per il collo e ha tentato di strangolarmi dicendo devi morire, tu non sei mia figlia. Se mia madre non mi avesse rianimato, sarei morta”.
Poi quando la giovane scoprì da un sms la relazione del padre con Giovanna Purpura, anche lei imputata in questo processo: “Quando chiesi spiegazioni il signor Savalli ha preso un coltello e me lo ha puntato al collo dicendomi se parli, ti ammazzo“.
Infine il racconto di violenze e percosse: “Era un inferno – dice Simona – eravamo sequestrati in casa”. La giovane più volte cercò di denunciare i fatti a carabinieri e polizia ma la sua minore età e le secche smentite della madre “perché forse lui l’aveva minacciata”, dice Simona, la fecero apparire una mitomane.
La ragazza racconta anche di ferite refertate in ospedale alla madre e al fratello e in entrambi i casi le vittime inventarono falsi incidenti domestici. E rivela: “Lui la picchiava anche quando era incinta. Quando avevo gli ematomi il signor Savalli non mi faceva andare a scuola”.
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