Caltanissetta, il film della strage di Via D’Amelio. L’unico sopravvissuto apre il “Borsellino quater”

di Redazione

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Caltanissetta, il film della strage di Via D’Amelio. L’unico sopravvissuto apre il “Borsellino quater”

| lunedì 08 Aprile 2013 - 16:02

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CALTANISSETTA, 8 APRILE 2013- Il tragico film degli ultimi istanti di vita di Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Rocco Di Cillo, Eddie Valter Cusina. Visto con gli occhi dell’unico sopravvissuto, il poliziotto Antonio Vullo.

 

L’agente si salvò soltanto perché guidava la blindata che apriva il corteo di tre auto e nell’attimo dell’esplosione eseguiva la normale manovra per invertire il senso di marcia dell’auto, spalle al portone maledetto, preparando la scorta all’uscita da via D’Amelio.

 

Così si apre il processo “Borsellino Quater” in Corte d’assise di Caltanissetta. E accanto al ricordo di quella calda domenica del 19 luglio del 1992, il primo dei tanti misteri dei minuti e dei giorni che seguirono quell’esplosione. La scomparsa di una relazione di servizio redatta da un poliziotto della Criminalpol che aveva subito individuato la postazione di chi aveva azionato il telecomando per far brillare l’esplosivo.

Alla sbarra con l’accusa di strage il boss mafioso palermitano Salvatore Madonia e Vittorio Tutino. Con l’accusa di calunnia i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.

 

Il primo testimone a salire sul pretorio è stato Antonio Vullo, l’unico superstite della strage. “Io, Traina e Li Muli – ha ricordato Vullo – arrivammo a Villagrazia di Carini, dove si trovava il giudice Borsellino, alle 13.30 e trovammo gli altri componenti della scorta”. Intorno alle 16 il corteo, composto da tre vetture, si mise in moto. “Con me in auto – ha ricordato – c’erano Li Muli e Traina, poi la vettura guidata dal dottore Borsellino e infine l’auto con Agostino, Loi e Cusina”. Appena arrivati in via D’Amelio “abbiamo visto tante auto parcheggiate, a destra, a sinistra e al centro. Mentre decidevamo che fare il giudice ci ha sorpassato e ha parcheggiato al centro della strada, di fronte al cancelletto”.

 

A quel punto Borsellino scese dall’auto. “Lo vidi avvicinarsi al campanello e accendere una sigaretta. Accanto a lui c’erano Catalano e Loi. Poi ho visto Cusina che fumava e mentre spostavo di nuovo l’auto ho fatto qualche metro e ho visto che il giudice bussava al campanello dello stabile e a quel punto c’è stata l’esplosione”. Un fumo nero denso invase la strada. “Io sono stato sballottato all’interno dell’auto – ha ricordato Vullo – e quando sono sceso ho capito quello che era successo. Chiedevo aiuto, volevo dare aiuto, era tutto buio… ho visto il corpo di un collega a terra cercavo gli altri: pensavo fossero vivi. Nel frattempo un collega delle Volanti mi ha bloccato e mi sono ritrovato fermo sul piede di un collega. Poi mi sono svegliato in ospedale”.

 

Sollecitato dai Pm a dire se Borsellino avesse con se l’agenda rossa che scomparve quel giorno, Vullo ha detto di ricordare il magistrato con una borsa in mano “a Villagrazia ma non ricordo se la mise in auto”, aggiungendo di aver notato Borsellino, poco prima che suonasse al campanello “con qualcosa di scuro sotto l’ascella”.

 

A testimoniare, dopo l’assistente di Ps, Pietro Pipitone, che ha riferito il contenuto di una telefonata anonima ricevuta il giorno dopo la strage – e nella quale si faceva riferimento ad unpresunto rapporto fra il clan Madonia e i costruttori che stavano realizzando un immobile proprio a ridosso di via D’Amelio – sono stati ascoltati due poliziotti della Criminalpol, Mario Ravidà e Francesco Arena. Entrambi all’epoca in servizio a Catania, hanno riferito di aver fatto un sopralluogo, la mattina dopo l’attentato, al palazzo in costruzione che sorge a ridosso del giardinetto che chiude la via D’Amelio. Lì i due poliziotti trovarono “i fratelli Graziano”, costruttori del palazzo.

 

Ravidà ha quindi sostenuto di esser salito all’ultimo piano del palazzo. “Era perfetta come postazione. Si vedeva tutta via D’Amelio e si poteva azionare il telecomando dalla terrazza ancora allo stato grezzo. Mi colpì – ha detto il poliziotto – un vetro scudato sul palazzo, come quelli per resistere a una pietra. Per terra – ha ricordato – c’erano delle cicche di sigarette e molte piante sul bordo”.

 

Quindi Ravidà ha ricordato di aver fatto una relazione di servizio che, da poco, ha appreso non esser stata “mai rinvenuta e non mi spiego nemmeno il perchè”. Il teste ha poi detto che quella di oggi “è la prima volta che vengo ascoltato nell’ambito di questo procedimento per la strage di via D’Amelio”.

 

Quindi, dopo la deposizione degli acquirenti degli appartamenti dell’ultimo piano dell’immobile, è stato ascoltato il costruttore Francesco Graziano che con la società Edilfer srl stava costruendo il complesso edilizio “Iride”. Il teste assistito ha ricordato come l’esplosione avesse scardinato delle finestre con il vetrocamera e ha escluso di aver incontrato i poliziotti il 20 luglio, datando l’incontro undici giorni più tardi.

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