Catania, sette arresti per omicidio: decimato il clan Santapaola-Ercolano. Parla il boss pentito La Causa

di Redazione

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Catania, sette arresti per omicidio: decimato il clan Santapaola-Ercolano. Parla il boss pentito La Causa

| giovedì 28 Marzo 2013 - 06:25

carabinieri-arresto

CATANIA, 28 MARZO 2013 – Avevano commesso quattro omicidi a Catania tra il 1995 ed il 2009. Sette persone affiliate al clan mafioso Santapaola-Ercolano sono state arrestate dai Carabinieri in un’operazione congiunta tra i comandi di Catania, Milano e Lecce.

 

Si tratta di Maurizio Zuccaro, 52 anni, Orazio Magrì, 42 anni, Fabrizio Nizza, 38 anni, Carmelo Puglisi, 49 anni, Lorenzo Saitta, 38 anni, Mario Strano, 48 anni, e Francesco Crisafulli, 50 anni.

Le indagini, che hanno permesso agli inquirenti di ricostruire il movente dei quattro omicidi, nascono dalle dichiarazioni del pentito Santo La Causa, il reggente del clan Santapaola-Ercolano tra il 2006 e il 2009. Le sue rivelazioni hanno fornito un contributo importante per risolvere i quattro casi rimasti insoluti.

 

Le indagini hanno fatto chiarezza sull’omicidio di Vito Bonanno, avvenuto il 19 ottobre del 1995 davanti all’Etna bar a San Givanni Galermo. L’agguato fu commissionato da Maurizio Zuccaro che voleva punire Bonanno perché appartenente al gruppo di Giuseppe Pulvirenti, divenuto collaboratore di giustizia e, quindi, ritenuto traditore della “Famiglia”. In azione proprio il pentito La Causa insieme ad altri componenti del gruppo di Zuccaro. Quest’ultimo, benché già condannato per l’omicidio di Salvatore Vittorino, vittima della lupara bianca nel febbraio del 1996, è sottoposto agli arresti domiciliari poiché affetto da una particolare patologia incompatibile con il regime carcerario. 

 

Lorenzo Saitta e Fabrizio Nizza sono sopettati di essere gli esecutori materiali dell’omicidio di Pietro Giuffrida, avvento il 22 agosto del 1999 in una sala giochi di via Santissima Trinità per contrasti all’interno della famiglia mafiosa connessi a prestiti ad usura e al traffico di droga a Piazza San Cosimo. 

 

Carmelo Puglisi e Orazio Magrì sono stati arrestati rispettivamente come mandante ed esecutore dell’omicidio di Franco Palermo, avvenuto il 27 settembre del 2009 davanti la sala Bingo di via Caronda. Palermo fu ucciso per vendetta, essendo ritenuto l’autore dell’omicidio di Giuseppe Vinciguerra, cugino di Orazio Magrì, ucciso il 7 aprile 2009.

 

Mario Strano e Francesco Crisafulli sono chiamati a rispondere il primo come mandante e il secondo come uno degli esecutori materiali dell’omicidio di Salvatore Pappalardo, avvenuto a Catania il 30 ottobre del 1999, lungo la via Palermo. Il delitto fu il culmine della lotta intestina alla Famiglia Santapaola incentrata sul controllo del gruppo più importante dell’organizzazione per numero di componenti e disponibilità finanziarie, Monte Po. Per questo omicidio erano già stati condannati all’ergastolo Alessandro Strano e Carmelo Giustino. Gli indagati dovranno anche rispondere del tentato omicidio di Francesco Tropea, che guidava il veicolo in cui si trovava Pappalardo al momento dell’agguato. 

 

“Santo La Causa si sta rivelando un collaboratore molto preciso e affidabile – ha commentato il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi -. Anche in sede dibattimentale, fino a questo momento, ha retto in maniera molto attenta. Ci saranno altri sviluppi sulle sue dichiarazioni, stiamo lavorando bene su cose significative. Bisogna sempre tenere presente che il carcere è un luogo dal quale possono venire direttive e si può mantenere il controllo dell’organizzazione, e poi naturalmente non bisogna mai abbassare la guardia perchè le cosche sono capaci di adattarsi alle situazioni mutate. Lì dove ci sono grandi occasioni di profitto – conclude il procuratore capo – c’è anche la possibilità che si riorganizzino e siano presenti”.

 

AddioPizzo Catania esprime vivo apprezzamento per l’operazione.

 

“La giustizia – si legge in una nota – fa sempre il suo corso grazie al lavoro incessante e puntuale degli inquirenti e, come in questo caso, anche grazie alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia: ciò a riprova del fatto che il sistema di collaborazione, utilizzato con serietà e professionalità, dà sempre i suoi frutti di cui beneficiano in primis proprio i cittadini che hanno il diritto di conoscere la verità dei fatti e di riscontrare come, anche in questo caso, giustizia è fatta”.

 

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