PALERMO, 13 MARZO 2013 – La politica costa, si sa. E la burocrazia, altrettanto. Ma quanto? Anche i più accaniti contestatori, quelli sempre pronti a dire: “io non voglio più pagare per mantenere i politici” difficilmente saprebbero dire, conti alla mano, quanto costa tenere in piedi Regione, Province e Comuni.
I dati esistono e sono autorevoli, li elabora annualmente il Siope (Sistema Informativo sulle Operazioni degli Enti Pubblici), una vera e propria banca dati nata dalla collaborazione fra Ragioneria Generale dello Stato, Banca d’Italia e Istat. Il sistema raccoglie e cataloga incassi e pagamenti delle amministrazioni locali. Una fotografia insomma delle casse pubbliche.
Secondo questi dati, nel 2012, la Regione siciliana ha speso circa 9 miliardi di euro. Ad oltre quattro miliardi e mezzo ammontano le spese dei Comuni. Le spese delle 9 Province dell’Isola invece ammontano a 600 milioni di euro.
Un altro dettaglio interessante dai costi della politica: le cariche istituzionali della Regione sono costate ad ogni cittadino quasi 33 euro nell’anno. Ciascuno di noi ha sborsato poi 11 euro e 50 per sindaci, consiglieri ed assessori comunali. I vertici politici delle Province ci sono costati invece 3 euro e 39 centesimi.
Più costose, per le tasche dei cittadini, le macchine amministrative: per mantenere i dipendenti della Regione (17.157 esclusi i precari, l’11 per cento dei quali dirigenti) abbiamo speso 321 euro contro i 289 per il personale dei Comuni (oltre 40.000 unità) e 39 euro e 61 centesimi per gli stipendi dei 5.600 dipendenti delle Province.
Un’altra parola che piace tanto ai ribelli è “carrozzoni politici” che, secondo il Siope, in Sicilia hanno assorbito dalla Regione oltre 28 milioni di euro. Enti, consorzi, società partecipate, agenzie: in totale sono 206 e di questi 28 milioni ben l’88% serve a coprire la spesa corrente, ossia i costi per il personale ma anche quelli per le sedi e per i consigli di amministrazione.
I dati sono stati diffusi dall’Unione Regionale Province Siciliane, nel giorno in cui l’Urps ha ufficialmente presentato la propria controriforma, un disegno di legge che dice no all’abolizione delle Province e ne propone una revisione complessiva, negli organi e nelle funzioni. I presidenti delle Province li rendono noti per avvalorare la loro tesi: come dire, gli sprechi sono altrove, i costi da tagliare non sono quelli delle Province.
Se le opinioni possono essere considerate di parte, i numeri no: quelli sono oggettivi, fotografano comunque la realtà e ci dicono dove vanno a finire i nostri soldi. Anche se la politica spesso discute animatamente pure su quelli. E c’è da attendersi qualche replica a stretto giro di posta.