PALERMO, 10 MARZO 2013 – Salutiamo la serie A con disonore. Un’altra sconfitta interna contro una diretta concorrente per la salvezza che equivale alla fine dell’accanimento terapeutico. La spina è staccata, la retrocessione è cosa nostra.
Il Palermo si incarta ancora una volta evidenziando tutti i suoi limiti, tecnici, caratteriali e questa volta anche tattici. Oggi Gasperini ci ha messo del suo, ma è anche vero che in una situazione del genere ogni minimo errore appare delle dimensioni di un macigno. Incomprensibili le scelte iniziali e viene da pensare che chi è rimasto fuori fosse in condizione talmente precarie da tirare in ballo le responsabilità persino dello staff atletico.
Iachini ci ha rivelato una squadra senz’anima e senza cuore, senza gambe e senza cervello. Ringraziamo Zamparini per ciò che ha fatto nei primi 6 anni della sua “colonizzazione”. Il resto è da dilettanti del calcio. E siccome, nel bene o nel male, nel calcio il nostro presidente ci sguazza da quasi un quarto di secolo viene da pensare che sia arrivato il momento dell’addio.
Un addio che sembrerebbe programmato per le dinamiche sviluppate in questi ultimi 12 mesi. Rispettata comunque una regola: nel calcio come nel poker il bluff alla lunga non paga. E da troppo tempo questa società è da serie B, la società più che la squadra che oggi si inchina alla più spietata legge non scritta: niente qualità, niente risultato.
Nella sfida che non ammette il pari, Gasperini conferma il modulo classico ma ne ritocca le caratteristiche inserendo quel potenziale offensivo che oggi è il massimo che gli è consentito.
Miccoli in coppia con Boselli è scelta logica, Formica alle spalle del duo offensivo e Anselmo sull’esterno di destra sono le varianti che, secondo le intenzioni del tecnico, dovrebbero supportare meglio l’azione offensiva.
In difesa confermato Garcia, per Aronica – bocciato come Fabbrini – un posto in panchina.
Le motivazioni dovrebbero spingere il Palermo a un atteggiamento meno compassato e invece i primi 15 minuti rivelano che gli aspetti caratteriali non sono limiti meno evidenti di quelli tecnici. Zero pressing, sviluppo dell’azione lenta e prevedibile, pochi movimenti senza palla: in questa condizione e con gli attaccanti sempre spalle alla porta creare problemi alla difesa super munita di Iachini è pura utopia.
La prima opportunità se la procura Miccoli, ma il suo calcio di punizione, peraltro da una posizione a lui assai propizia, centra in pieno la barriera. Poi è bravo Pegolo a deviare il colpo di testa di Boselli che chiude il migliore periodo dei rosa.
Rispetto al recente passato il Palermo sembra addirittura più imballato. Kurtic è isolato e poco reattivo, Rios recita il solito copione, noioso e irritante, Anselmo non incide. Se Gasperini ha privilegiato la qualità alla corsa non ne ha certo visto gli effetti, la corsia esterna destra è terra di nessuno, talvolta presidio di Formica che, per quanto generoso, non vale Ilicic nelle sue giornate più mediocri.
Il Siena riesce così a subire poco e a imbastire una manovra di rimessa non più spregiudicata di quella rosanero ma più pungente. Rosina ha un paio di occasioni sotto porta, Sestu più di una volta crea scompiglio sulla sua fascia di competenza.
Per il resto poco altro se non la giustificazione della classifica del Palermo: se mai vinci un confronto diretto, giocandoli nel ritorno quasi tutti in casa, meriti il posto che occupi. Quaranta minuti sono più che sufficienti per porsi un’altra domanda: quale maga ha consigliato a Gasperini, proprio in questa circostanza, di ricordarsi dell’esistenza di Anselmo? Visibilmente a disagio sull’esterno, poco dinamico, timido nell’approccio: basta questo per bollare come fallimentare l’esperimento.
E siccome il calcio è davvero incredibile tocca proprio ad Anselmo il tap in vincente dopo il palo involontariamente centrato da Terlizzi.
Bruciato il primo cambio, come giusto che fosse – togliendo Anselmo e inserendo Nelson – Gasperini riposiziona il Palermo secondo logica, con due esterni in grado di fare corsa ed essere efficaci in fase difensiva. La presenza di Nelson consente, fra l’altro a Formica, di essere sgravato da compiti di copertura, agendo così nella più naturale posizione di attaccante aggiunto.
Ma alla prima azione offensiva il Siena fa centro: sbaglia l’uscita Sorrentino – persino lui – Munoz lo anticipa e mette sulla testa di Emeghara la palla del pareggio.
Casuale il vantaggio del Palermo quanto il gol del Siena che costringe Gasperini al secondo “atto di pentimento” rispetto alle scelte iniziali: fuori Miccoli, davero irriconoscibile, e dentro Ilicic. Trenta minuti e spiccioli per riappropiarsi della speranza ma la sensazione prevalente, ancora una volta, è quella dell’impotenza. Il prevedibile crollo psicologico del Palermo garantisce al Siena metri di campo ed una maggiore possibilità di presidiare il centrocampo.
Rischia tutto Gasperini al 24′ con Fabbrini che rileva Dossena a favore di un tridente alle spalle di Boselli. La prima palla tocata da Fabbrini innesca il contropiede di Rosina, Von Bergen sbaglia il tempo dell’intervento e regala il rigore. Rosina non sbaglia, l’arbitro sì perchè Von Bergen era da seconda ammonizione.
Questa può considerarsi la partita – specchio di questa stagione: un fallimento su tutta la linea, dalla campagna acquisti estiva a quella di gennaio, dalla conduzione Perinetti al lungo intermezzo di Lo Monaco. E’ soprattutto il fallimento di Zamparini. Dopo 10 anni di serie A una retrocessione ci potrebbe anche stare se i segnali che arrivano da due stagioni a questa parte non fossero quelli di un sipario che cala definitivamente.