PATERNÒ, 8 MARZO 2013 – Estorcevano denaro ad un imprenditore edile di Paternò, in provincia di Catania, da 11 anni. I Carabinieri hanno arrestato sette persone, appartenenti al clan Santapaola-Ercolano, accusate di estorsione aggravata.
Gli arrestati sono Domenico e Salvatore Assinnata (nella foto), Salvatore Chisari, Rosario Indelicato, Lorenzo Pavone, Pietro Puglisi e Salvatore Scuderi.
Domenico Assinnata, 60 anni, detto anche “Mimmo ‘u Catanisi“, è ritenuto il capo carismatico dell’omonima frangia di cosa nostra catanese operante nel comprensorio di Paternò mentre Salvatore Assinnata, 40 anni, è ritenuto il capo operativo. Lorenzo Pavone, 42 anni, si pensa sia il responsabile del gruppo operante nel quartiere “Picanello” di Catania. Salvatore Chisari, 34 anni, detto “Turi ‘u Pazzu“, Rosario Indelicato, 47 anni, e Pietro Puglisi, detto “Sputavento” o “Peri Gallinia” o “Muschitta“, sono ritenuti tutti affiliati alla frangia operante a Paternò. Salvatore Scuderi, 49 anni, detto “Turi Scheggia” è ritenuto affiliato al clan operante nel quartiere “Picanello” di Catania.
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I militari hanno avviato le indagini pochi giorni fa, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale antimafia di Catania guidata dal procuratore Giovanni Salvi, quando l’imprenditore, dopo l’ennesimo atto intimidatorio, sfociato anche in un’aggressione fisica, ha deciso di denunciare i suoi aguzzini.
Una decisione che richiama da vicino quella assunta recentemente dallo chef palermitano Natale Giunta, che denunciato i suoi estorsori permettendone l’arresto
A Natale e Pasqua la cosca chiedeva all’imprenditore “regali” oscillanti fra 800 e 1.500 euro, perchè “le feste dovevano essere tali per tutti”. Ma quando la vittima incontrava i suoi aguzzini – per caso o su appuntamento – era obbligata a versare altre somme, oscillanti tra i 50 e i 200 euro.
Tra i soprusi normalmente esercitati da Cosa Nostra c’era il versamento di una percentuale variabile tra il 2% e il 3% del valore degli appalti assegnati all’impresa edile o, qualora l’importo dell’appalto fosse di valore esiguo, la corresponsione di una somma ‘una tantum’, di ammontare superiore a quella percentuale.
In un’altra occasione l’imprenditore sarebbe stato costretto a saldare un debito di 4 mila euro contratto con un’azienda “vicina alla famiglia” che aveva lavorato per la vittima ma i cui lavori non erano stati portati a termine come richiesto.
Nella lunga lista delle richieste anche il “cavallo di ritorno”: il pagamento di 3 mila euro per la restituzione di alcuni automezzi e attrezzature professionali, precedentemente rubati in un cantiere, a cui era seguita la richiesta di altri 3000 euro che il malcapitato si è però rifiutato di pagare. Proprio da questo rifiuto è scaturita l’aggressione, che ha fatto scattare le indagini degli inquirenti.