PALERMO, 25 FEBBRAIO 2013 – Zamparini ha perso la sua scommessa (Malesani) e fa una precipitosa marcia indietro richiamando Gasperini. Più che una disperata mossa in chiave salvezza appare una scelta motivata dalla rabbia, quella di non avere ottenuto la scossa auspicata da un tecnico per il quale il presidente aveva interrotto traumaticamente il rapporto con il suo “socio” Lo Monaco.
I tre pareggi consecutivi conquistati da Malesani hanno avuto il sapore di una sconfitta, anche perché nel frattempo le dirette concorrenti per la salvezza hanno viaggiato a ritmi superiori.
Secondo logica, ammesso che ce ne sia una, il nuovo cambio è il segnale che Zamparini non si è ancora arreso alla retrocessione. Su quali presupposti dovrebbe avvenire il miracolo? Il presidente – che comunque non è uno che vive sulla Luna – sa che nel calcio italiano i risultati di fine campionato non seguono più la logica del campo ma spesso sono condizionati – in un senso o nell’altro – dalle specifiche motivazioni.
In parole povere: il Palermo che ha conquistato 20 punti in 26 partite può adesso raddoppiare il rendimento, portando a casa almeno 18 punti nelle ultime 12 gare?
Chiunque risponderebbe di no. Non ve ne sono i presupposti. Ma chi accetterebbe di “staccare la spina” a un parente moribondo senza prima averle provate tutte?
E’ quello che sta pensando Zamparini che ha già dato un’occhiata al calendario, cominciando dalla fine: le ultime tre di campionato vedono il Palermo impegnato con Parma (in casa), Fiorentina (fuori), Udinese (in casa), nove punti possibili – teoricamente – contro squadre che potrebbero essere “tranquille”, senza più obiettivi da raggiungere.
Altri sei punti pesanti potrebbero arrivare dalle due partite casalinghe con Siena e Bologna. In trasferta, anche per il calcolo delle probabilità, tre – quattro punti potrebbero arrivare da trasferte “accessibili” come Torino, Sampdoria e Catania. Senza contare che il Palermo affronterà tra 20 giorni il Milan condizionato dalla gara di Champions con il Barcellona.
I tifosi, giustamente, sono stanchi di inseguire i sogni, hanno il diritto di sorridere di fronte a questi calcoli da fantacalcio ma hanno il dovere di difendere la serie A: quando arrivò la retrocessione ad inizio anni ’70 in pochi pensavano che ci sarebbero voluti 32 anni per rivederla, non vorremmo rivivere un così lungo anonimato calcistico.