PALERMO, 17 FEBBRAIO 2013 – Più le polemiche dei giorni scorsi che il pubblico di oggi per il presidente della Camera, Gianfranco Fini che nel pomeriggio è stato in via D’Amelio, la strada di Palermo dove il 19 luglio del 1992 fu assassinato dalla mafia il magistrato Paolo Borsellino con i cinque agenti della sua scorta.
Dopo le critiche dei giorni scorsi da parte di Rita e Salvatore Borsellino, Futuro e Libertà sceglie di presentarsi alla manifestazione solo con le bandiere tricolore. Fini arriva alle 18, con circa mezz’ora di ritardo, accompagnato da Fabio Granata e Alessandro Aricò. Davanti al palchetto montato accanto al luogo della strage circa 300 persone. Fini lascia a Granata l’introduzione ma anche gli affondi polemici: “Prima di venire qui – dice – il presidente Fini ha incontrato Agnese Borsellino per esprimerle ancora una volta la nostra vicinanza e chiarire che questo non è un comizio ma un ricordo del giudice e dei martiri della lotta per legalità”. Poi in poche parole risponde a Berlusconi: “Vogliamo che sia chiara la distinzione fra quei partiti che hanno come valore primario la legalità e chi invece, come il berlusconismo e i suoi camerieri, continua a propagandare valori di illegalità facendone oggetto di propaganda politica”.
Il presidente della Camera esordisce con una ulteriore sottolineatura: “Questa è certamente una manifestazione politica, perché noi siamo politici. Ma è una manifestazione politica nel senso più alto, politica da polis, comunità. Perché una comunità è realmente tale se al di là delle divisioni mantiene alcuni valori comuni. Il primo dei quali deve essere la legalità. Per questo siamo qui, per onorare il sacrificio di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta, di tutti i caduti nella lotta alla mafia”.
Poi cita le parole del giudice: “Palermo, la Sicilia e l’Italia sanno bellissime quando la legalità sarà un valore difeso da tutti anche a costo del sacrificio della vita, quando sarà la stella polare per tutti”. Fini ricorda i poliziotti e i magistrati uccisi e fra gli applausi fa salire sul palco Tina Montinaro, la vedova di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone. “Non possiamo lasciare solo a polizia e magistratura il compito di lottare per la legalità – dice – la politica deve fare la sua parte eliminando ogni collusione, ogni vicinanza, ogni atteggiamento di complicità. Non bastano le indagini, ci vogliono diversi comportamenti. Chiedere un voto in cambio di qualcosa è un atteggiamento mafioso, non fare il proprio dovere, non fare l’interesse della comunità ma il proprio è mafioso”.
Poi chiede che si faccia luce sul periodo delle stragi: “Solo sapendo la verità piena su quegli avvenimenti si potrà liberare la nostra terra dalla mafia”. Ma la mafia si combatte, per Fini, solo “superando le divisioni anche aspre fra i partiti per affermare alcuni valori comuni: lavoro, libertà, legalità, sicurezza. Solo così la nostra sarà una vera democrazia”. Poi Fini conclude cercando ancora una volta di chiudere le polemiche: “Ricordiamo questo incontro come un incontro politico ma non partitico, immagino che da lassù Paolo Borsellino e gli altri nostri eroi saranno felici se un giorno il nostro popolo avrà i loro valori come valori condivisi da tutti”.
Poi si ferma con i cronisti che gli chiedono di Berlusconi e del suo mancato accenno al fenomeno mafioso nel comizio di ieri: “Non voglio polemizzare per il gusto di farlo – risponde – ma certamente è stata fatta una grave omissione. Tutti ricordiamo Sciascia e i professionisti dell’antimafia, ma è altrettanto indubbio che oggi la mafia non è soltanto la corruzione e l’illegalità, la mafia non è un fenomeno soltanto siciliano, è un cancro che in qualche modo ha raggiunto anche altri ambienti. Bisogna vigilare”.
Sulle polemiche aggiunge: “Non c’era piena conoscenza di quello che intendevamo organizzare qui oggi, soltanto dopo che Agnese Borsellino e il figlio Manfredi ci hanno autorizzato abbiamo ritenuto giusto farla, un problema di rispetto”.