Zen, i boss amministravano il “Condominio Mafia”. Quattordici arresti, incassi da 70 mila euro al mese

di Redazione

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Zen, i boss amministravano il “Condominio Mafia”. Quattordici arresti, incassi da 70 mila euro al mese

| giovedì 14 Febbraio 2013 - 13:31

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PALERMO, 14 FEBBRAIO 2013 – La denuncia del Procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo non stupisce ma è ugualmente molto pesante: “Lo Zen è un territorio diventato una zona franca dove la legge dello Stato non viene applicata”.

 

L’operazione congiunta di Squadra Mobile, Dia e Commissariato San Lorenzo svela un’articolata organizzazione gestita da Cosa nostra che aveva l’assoluto controllo dei 33 padiglioni dello Zen2. La Polizia la monitorava dal 2010, dopo l’arresto dei Lo Piccolo, incontrastati boss di San Lorenzo e cercando i riscontri dei collaboratori di giustizia Salvatore Giordano e Sebastiano Arnone.

Un vero e proprio “mega condominio illegale” dove la mafia dominava e in parte ancora domina incontrastata. Anche perché i 13 arresti di questa mattina sono stati accelerati per salvaguardare un intero nucleo familiare vessato dai clan. C’erano i “Capi Area”, spiegano il Questore Zito e il colonello D’Agata della Dia, uno per ogni padiglione. Riscuotevano dieci euro al mese da ogni famiglia: in tutto 70 mila euro mensili per l’intero quartiere.

 

 

A Salvatore Vitale, 56 anni, sono state trovate addosso le ricevute del mese di Febbraio 2013, un regolare blocchetto “Buffetti” da amministratore di condominio con nome, mensilità, numero di abitazione. Per quel prezzo la mafia assicurava la fornitura abusiva di energia elettrica e acqua ma anche la pulizia delle scale. Oltre ai capi area c’erano gli agenti di riscossione come Vitale, i “picchiatori” per il “recupero crediti” e anche chi, con le buone o le cattive, convinceva intere famiglie a lasciare la casa quando il clan decideva che non gli spettava.

 

Ma soprattutto un singolare tipo di vedette. Uomini dei clan incaricati di sorvegliare eventuali assenze prolungate dagli appartamenti. Dopo due settimane di assenza, Cosa nostra “rivendeva” la casa ad un altro abusivo per un prezzo di almeno 15 mila euro. Un meccanismo basato sull’intimidazione e sul capillare controllo del territorio da parte dei boss. Ma anche sull’illegalità talmente stratificata negli anni da far considerare “assegnatari legittimi” di un appartamento chi ci stava come abusivo da oltre dieci anni.

 

Ma il paradosso è che la mafia guadagnava su case popolari dalle quali lo stesso Istituto Autonomo Case Popolari non riusciva ad ottenere un euro: “Come si poteva chiedere agli abusivi di pagare? – spiega Messineo – in tal modo lo Iacp avrebbe legittimato una situazione illegale”. Dopo riscontri anche in due pizzini dei Lo Piccolo (26 e 41) dove si parla di 11 mila euro ricavati dalla “gestione condominiale” e un quaderno con la contabilità sequestrato all’affiliato Giuseppe Covello, a mettere fretta agli investigatori la denuncia di una famiglia (abusiva ma da dieci anni).

 

Un viaggio della speranza al Nord per cure mediche e al ritorno la sorpresa: la casa non è più loro. Ma non solo, la famiglia viene spogliata letteralmente di tutto, persino i libri di scuola e la biancheria intima dei bambini, come raccontano gli uomini del Commissariato San Lorenzo. Ma la tracotanza dei mafiosi non si ferma qui. Tentano con la forza di farsi consegnare anche un’altra casa, regolarmente assegnata ad un parente della famiglia. Scattano gli arresti e la famiglia viene messa sotto protezione.

 

Un particolare curioso lo svela il Procuratore capo: nel 2008 la trasmissione di RaiTre Report realizza un’inchiesta sull’abusivismo e lo Zen. “Pizzo? Ma quale? Pizzo Sella?” rispondono all’inviato due abitanti del quartiere. Erano Antonino Pirrotta e Salvatore Vitale, due degli arrestati di oggi.

Lo Zen rimane un quartiere “dove la legge dello Stato – lo ribadisce Messineo – viene applicata solo in casi particolari” e in quei padiglioni del “Condominio Mafia” si può nascondere di tutto: armi, droga, refurtiva, persino latitanti. “Tutte le forze di polizia – spiega il Questore – svolgono un’attività continua di controllo per ristabilire la legalità” ma se un quartiere della città “dove abita tantissima gente onesta”, chiariscono tutti gli investigatori, resta fuori dal diritto, non è solo un problema di polizia.

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