PALERMO, 14 FEBBRAIO 2013 – Giampiero Cannella, capolista di “Fratelli d’Italia” nella circoscrizione Sicilia occidentale, è stato ospite dei forum di Si24 e ha raccontato anche della genesi del suo nuovo partito, fondato da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto.
In questa campagna elettorale, il centrodestra si presenta molto frammentato. Non può essere un danno?
“No, perché alcuni dei partiti che fanno parte della coalizione in realtà hanno un’origine comune con noi, ma hanno fatto poi percorsi diversi e rappresentano ambienti elettorali diversi. “Futuro e libertà”, per esempio, ha dissipato quel patrimonio di credibilità che aveva Gianfranco Fini, nel tentativo di creare una destra geneticamente modificata che non ha eguali in natura e che non ha quindi elettori naturali: chi la pensa come Fini preferisce votare Grillo o Di Pietro e non Fini. Per questo non siamo preoccupati di questa competizione. “La destra” di Storace, invece, ha posizioni più radicali rispetto alla nostra. Noi stiamo ripercorrendo la strada che portò alla nascita e alla crescita di “Alleanza nazionale”.
Dopo queste elezioni credo, comunque, che ci possa essere un momento costituente in cui “Fratelli d’Italia” sia il punto di riferimento per chi vuole costruire un partito ancora più grande”.
Perché non siete rimasti nel Pdl?
“Perché secondo noi il Pdl non esiste più come Pdl, ma è tornato a essere “Forza Italia”. Fatto a cui non attribuisco un’accezione negativa, ma è una constatazione. Nel momento in cui Fini, che era stato il cofondatore con Berlusconi del Pdl, ha scelto di uscire dal partito, sbagliando le modalità con cui l’ha fatto, c’era l’esigenza di offrire all’elettorato di centrodestra un soggetto politico che declinasse alcuni principi e alcune parti del programma che nel Pdl non erano più così evidenti e che rappresentasse un modo nuovo di far politica”.
Chi è il vostro premier?
“Il nostro premier è Giorgia Meloni. Noi scommettiamo su una candidatura giovane e su dei rapporti di forza che devono essere decisi dagli elettori. Intanto lavoriamo per avere il maggiore consenso possibile, poi, nel momento in cui vedremo i risultati, ragioneremo con gli alleati sulla premiership”.
Per essere più chiari: Angelino Alfano o Silvio Berlusconi?
“Personalmente, avendo sostenuto la candidatura di Angelino Alfano alle primarie, lo considero certamente un soggetto politico ben capace di rappresentare il centrodestra. Ma fino all’ultimo istante possibile combatterò per avere anche un solo voto in più del Pdl”.
C’è un problema di eccessiva visibilità e protagonismo di Berlusconi?
“Sì. A Berlusconi attribuisco moltissimi meriti. Il primo è quello di essere sceso in campo nel 1994 e di aver creato un’area moderata che prima non esisteva, rendendo spendibile politicamente il patrimonio della destra. E tuttora ha il merito di combattere una battaglia con grande tenacia. Ma, anche per un fatto generazionale, la sua proposta politica ha più passato alle spalle che futuro davanti. Inoltre, non gli ha giovato l’attenzione mediatica sui suoi comportamenti privati”.
Che risultati vi attendete?
“I sondaggi quando siamo partiti ci davano tra il 4 e il 14. Abbiamo fatto anche dei sondaggi a occhio durante le manifestazioni che abbiamo organizzato e abbiamo riscontrato una partecipazione e un entusiasmo che ci ha ricordato quello che vedevamo per “Alleanza nazionale”. Riteniamo, soprattutto in Sicilia, di poter essere il secondo partito della coalizione”.
“Fratelli d’Italia” è un movimento molto radicato al Sud. Come vivete l’alleanza con la Lega Nord?
“Siamo radicati al Sud, ma i nostri leader comunque sono figure di spicco anche al Nord. Ignazio La Russa è siciliano ma milanese d’adozione, Guido Crosetto è piemontese. L’alleanza con la Lega Nord da sempre è stata caratterizzata da un’alternanza di momenti di tensione e momenti di intesa. Io, comunque, ho molta fiducia nelle capacità di leadership di Roberto Maroni che, al di là dei messaggi elettorali che a volte manda al suo elettorato più estremista, ha dimostrato, soprattutto nel suo ruolo di ministro degli Interni, di avere una visione nazionale della politica”.
Perché “Fratelli d’Italia” nasce dopo le elezioni regionali?
“Perché in quel periodo si stavano svolgendo anche le primarie del Pdl, in cui tutti noi abbiamo creduto, in modi diversi. Giorgia Meloni, per esempio, si è pure candidata, mentre il movimento a cui io facevo maggiormente riferimento all’interno del Pdl, che era quello di Ignazio La Russa, aveva deciso di credere in Angelino Alfano e sostenerlo nel suo percorso di democratizzazione del Pdl. “Fratelli d’Italia” nelle nostre teste nasce molto prima, ma si concretizza soltanto quando abbiamo verificato l’impossibilità di realizzare un partito come lo volevamo”.
In queste elezioni nazionali, siete alleati di partiti che sono stati vostri avversari alle regionali. Come vivete questa vicinanza nella stessa “casa”?
“È una vicinanza che la legge elettorale ci impone. Ma gli elettori hanno la memoria lunga e si ricordano chi ha sempre mantenuto rapporti leali con loro e chi invece non ha esitato a lavorare a braccetto con la sinistra”.
Una volta in Parlamento, quali saranno i primi tre provvedimenti su cui lavorerete?
“Innanzitutto, io vorrei rivedere la redistribuzione delle sedi dei tribunali. Soprattutto in Sicilia, dove le scelte del ministro Severino sono veramente discutibili e irrazionali, sia sotto il profilo simbolico che sotto il profilo pratico. Faccio un esempio: viene soppressa la sede di Corleone, sotto il profilo simbolico è devastante, sotto il profilo economico è ridicolo perché, mentre a Corleone il Tribunale è ospitato in un edifico in cui non si paga un canone d’affitto, a Termini Imerese, dove dovrebbe essere trasferito, andrebbe in un immobile in cui è previsto un affitto. Quindi il disagio non comporterebbe nemmeno un risparmio economico.
Poi, un punto cardine del nostro programma è l’impignorabilità della prima casa. Ci impegneremo per difendere questo diritto costituzionale.
Il terzo punto è la restituzione dell’Imu. E non come fosse una strenna natalizia, nel modo in cui l’hanno proposta altri candidati. Noi riteniamo che ci sia una strana coincidenza tra i quattro miliardi di euro del gettito derivati dall’Imu e i finanziamenti fatti al Monte dei Paschi di Siena. Vogliamo quindi restituire questa tassa con dei titoli di stato che siano garantiti con parte del patrimonio che è stato concesso a una banca che poi ha dimostrato di non essere una banca sana, ma soprattutto che ha dimostrato di non essere avulsa dal mondo politico”.
La spending review di Monti ha colpito in particolar, gli enti locali che, soprattutto al Sud, sono storicamente fonte di sviluppo, per mezzo degli appalti pubblici. Come pensate di affrontare questo problema?
“A proposito di sviluppo, siamo convinti che l’obiettivo sia attrarre investimenti nel nostro territorio. E per farlo la via non è certamente la pressione fiscale, quanto piuttosto la delegificazione. La nostra burocrazia scoraggia gli imprenditori. L’argomento della presenza della criminalità organizzata, che è certamente forte e non voglio ovviamente negare, di fatto provoca un appesantimento che poi genera un’altra forma di criminalità, che è quella che si annida negli uffici. Dietro le scrivanie insomma. Io sogno un paese, come gli Stati Uniti, in cui con una firma si possa iniziare un’attività e poi tutta la certificazione si possa produrre dopo. La mia è una provocazione, ma serve per focalizzare l’attenzione su un apparato burocratico paralizzante”.