GELA (CL), 12 FEBBRAIO 2013 – I Carabinieri con l’ausilio di elicotteri e unità cinofile stanno eseguendo 18 arresti nei confronti dei vertici delle organizzazioni mafiose gelesi. Si tratta di 17 esponenti del clan degli “stiddari”, la “mafia alternativa” che opera nel territorio della cittadina nissena, e di uno appartentente a Cosa nostra.
I mafiosi controllavano lo spaccio di stupefacenti e il racket del pizzo e disponevano di un vero e proprio arsenale.In carcere l’intero vertice della “stidda”. L’operazione, coordinata dalla Dia di Caltanissetta, arriva dopo alcune settimane dagli altri 28 arresti che hanno coinvolto il clan “trasversale” denominato la “terza mafia” di Gela.
Le manette sono scattate a conclusione dell’indagine Agorà. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Caltanissetta su richiesta della Dda. Le indagini hanno consentito di individuare l’attuale assetto della “Stidda” gelese, identificando ruoli, interessi e modus operandi. Le estorsioni, evidenziano gli inquirenti, costituiscono uno dei principali canali di approvvigionamento dell’organizzazione. Le richieste estorsive si manifestavano in forme diverse, cadenzate nel tempo sotto forma di “regali”, riscossi periodicamente ad intervalli regolari, o a titolo di “una tantum”, fissati arbitrariamente, oppure in concomitanza di specifiche ricorrenze: la festa della santa patrona, le festività natalizie e pasquali, l’avvio di una attività, la conclusione di vicende giudiziarie onerose. La principale destinazione del capitale derivante dal taglieggiamento è il soddisfacimento delle esigenze economiche contingenti dei capi dell’organizzazione che spesso non svolgono attività lavorative, e delle famiglie degli affiliati, soprattutto detenuti.
Dalle indagini è emerso che le famiglie gelesi (Cosa Nostra e Stidda) avrebbero “concepito ed attuato sistematicamente una vera e propria logica di spartizione delle fonti di guadagno principalmente applicata alle estorsioni, ma apparentemente anche al controllo degli appalti, limitando così il rischio di conflitti tra i gruppi criminali”. L’organizzazione si sarebbe mantenuta grazie al controllo di una parte dello spaccio cittadino, movimentando settimanalmente una media di 5 chili di hashish e marijuana, e taglieggiando un numero indeterminato di operatori economici, con il “pizzo” o l’imposizione di lavoratori, tra persone vicine alla famiglia. Il tutto accompagnato da pesanti ritorsioni nei confronti di chiunque non voglia allinearsi.
Dall’operazione emerge anche un singolare episodio. Voti in cambio di buoni benzina. In occasione delle scorse amministrative la “Stidda” gelese avrebbe appoggiato un esponente politico, del quale non è stato reso noto il nome, “invitando” i cittadini a votare per lui. La Stidda, spiegano gli investigatori, “aveva individuato un esponente politico da far eleggere alle scorse amministrative invitando i cittadini a votare per lui”. In cambio – secondo quanto emerso dall’indagine – uno degli stiddari si era detto pronto ad elargire buoni benzina.
Questi i nomi degli arrestati, tutti di Gela: Emanuele Palazzo, di 55 anni, ritenuto l’attuale reggente della “Stidda” di Gela, Carmelo Antonuccio, di 23 anni, Gaspare Carella di 49, Carmelo Curvà di 34, Orazio Luciano Curvà, di 22 anni, Giuseppe Andrea Mangiameli di 36, i fratelli Davide e Simone Nicastro, rispettivamente di 32 e di 30 anni, Ettore Nobile di 24, Alessandro Peritore di 20, Giuseppe Alfio Romano di 32, Calogero Orazio Peritore di 28, Pasquale Sanzo, di 30, e Massimiliano Tomaselli, di 32 anni. Provvedimenti notificati in carcere per Armando Giuseppe D’Arma, 58 anni, esponente di spicco di Cosa nostra, Paolo Di Maggio, 52 anni, boss della “Stidda”, Giuseppe Alessandro Antonuccio, 34 anni, e Francesco Morteo, 48 anni.